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Certificazione energetica: attori, obblighi e procedure.-
Certificazione energetica: attori, obblighi e procedure

1. Qual è l'origine della certificazione energetica?
La certificazione energetica è stata introdotta dalla direttiva europea 2002/91/CE, meglio conosciuta come EPBD (Energy Performance of Buildings Directive). Gli Stati membri hanno, poi, dovuto recepirla all'interno del proprio sistema legislativo e così ha fatto il nostro Paese con il D.Lgs. 192/2005. In Italia, l'art. 117 della Costituzione lascia, però, la facoltà alle singole regioni di legiferare in materia di energia e di certificazione energetica, pur all'interno di un quadro generale nazionale delineato nel D.M. 26 giugno 2009.
2. Quando è necessario certificare?
La certificazione energetica nasce come strumento di chiarezza nelle transazioni immobiliari, al fine di garantire all'utente finale, intenzionato ad acquistare un edificio o una unità immobiliare, la conoscenza dei costi legati alla gestione energetica dell'immobile. A livello nazionale, devono essere dotati di attestato di certificazione gli edifici di nuova costruzione, gli edifici di grandi dimensioni se ristrutturati integralmente e gli immobili venduti o affittati.
3. Chi può certificare?
Il certificatore energetico deve essere un soggetto "terzo" e "indipendente". Attualmente, l'unico riferimento legislativo nazionale che chiarisca la figura del certificatore energetico è rappresentato dal D.Lgs. 115/2008 che sancisce che può operare come certificatore energetico il tecnico abilitato alla progettazione di edifici e impianti, iscritto a un Ordine o a un Collegio professionale. In mancanza di questi requisiti, è possibile frequentare un corso e superare un esame finale.
4. Quali sono le informazioni riportate sull'attestato di certificazione?
L'attestato di certificazione energetica deve riportare un indice relativo alla prestazione energetica dell'unità immobiliare, ovvero la quantità di energia che si stima essere necessaria per climatizzare gli ambienti in estate e in inverno, per ventilarli, per illuminarli e per produrre acqua calda sanitaria. Questi dati devono essere accompagnati dai valori limite previsti dalla legge, nonché da raccomandazioni su come possano essere ridotti i fabbisogni energetici.
5. Quali metodologie possono essere attuate per certificare?
Il D.M. 26 giugno 2009 riporta in allegato le Linee guida nazionali sulla certificazione energetica. Questo documento prevede due metodologie: una per certificare gli edifici di nuova realizzazione e una per dotare di attestato gli edifici esistenti. In quest'ultimo caso, sono previste anche procedure semplificate per edifici residenziali di dimensioni ridotte, nell'intento di non costringere l'utente finale ad affrontare oneri eccessivi. Così come già affermato dal D.Lgs. 115/2008, devono essere utilizzate le norme della serie UNI/TS 11300.
La direttiva europea 2002/91/CE, meglio conosciuta come EPBD (Energy Performance of Buildings Directive), di recente "rilanciata" con la direttiva europea 2010/31, introdusse sul territorio comunitario la certificazione energetica degli edifici. Tutti gli Stati membri hanno dovuto recepirla e tra questi, ovviamente, anche l'Italia. In realtà la certificazione energetica degli edifici ha, nel nostro Paese, una data di nascita ben precisa: il 9 gennaio 1991, quando viene emanata la legge 10, "Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso nazionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia", dove, all'art. 30, Certificazione energetica degli edifici (abrogato dall'art. 16 del D.Lgs. 192/2005, così come modificato dal D.Lgs. 311/2006), si legge:
1. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge con decreto del Presidente della Repubblica, adottato previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentito il Ministro dei lavori pubblici e l'ENEA, sono emanate norme per la certificazione energetica degli edifici. Tale decreto individua tra l'altro i soggetti abilitati alla certificazione.
2. Nei casi di compravendita o di locazione il certificato di collaudo e la certificazione energetica devono essere portati a conoscenza dell'acquirente o del locatario dell'intero immobile o della singola unità immobiliare.
Ufficialmente, oltre un decennio prima dell'emanazione della direttiva europea 2002/91/CE, l'Italia "giocava d'anticipo", istituendo la certificazione sul proprio territorio. Purtroppo, questa istituzione è rimasta soltanto teorica, poiché priva dei necessari decreti ministeriali attuativi. Solo una quindicina d'anni più tardi la certificazione veniva inserita in uno strumento legislativo operativo, costituito dal D.Lgs. 192 del 19 agosto 2005, successivamente modificato dal D.Lgs. 311 del 29 dicembre 2006.
Tuttavia, nonostante si asserisse che entro centottanta giorni sarebbero stati emanati i decreti attuativi necessari a definire gli attori, i modi e gli strumenti della certificazione, tali decreti sono stati promulgati solo nel 2009.
In attesa dei necessari chiarimenti in proposito, la certificazione veniva sostituita temporaneamente dall'attestato di qualificazione, così come sancito dall' art. 11, comma 1-bis, del D.Lgs. 192/2005. Ma, anche in questo caso, salvo alcune minime precisazioni, nulla di più veniva detto.
Soltanto con l'emanazione del D.M. 26 giugno 2009, contenente le Linee guida nazionali sulla certificazione energetica, si può considerare chiuso l'iter legislativo di attuazione di tale procedura sul territorio italiano. Ma non è tutto.
Un ulteriore elemento deve essere portato a conoscenza per avere un quadro d'insieme della genesi della certificazione energetica in Italia. La nostra Costituzione (art. 117, meglio noto come clausola di cedevolezza) delega alle regioni la facoltà di legiferare in materia di energia, mentre a livello nazionale devono solo essere emanati atti di indirizzo in grado di garantire l'omogeneità dei criteri legislativi sul territorio nazionale. Avvalendosi di questa possibilità alcune regioni, nel periodo di vacatio legis intercorso tra l'entrata in vigore del D.Lgs. 192/2005 e la pubblicazione del D.M. 26 giugno 2009, si sono dotate di un proprio sistema di certificazione energetica, che ora deve essere progressivamente riallineato a quanto previsto dalla Linee guida nazionali, così come sancito all'art. 3, comma 5, del D.M. 26 giugno 2009 ("...le regioni e le province autonome che alla data del presente decreto abbiano già provveduto al recepimento della direttiva 2002/91/CE adottano misure atte a favorire un graduale ravvicinamento dei propri strumenti regionali di certificazione energetica degli edifici alle Linee guida..."). Tra le regioni che devono allinearsi e garantire la coerenza dei propri strumenti con le Linee guida nazionali deve essere citata come esempio la Lombardia, dove la metodologia di calcolo è propria del territorio lombardo ed è implementata nel software CENED+.
Gli obblighi
La certificazione energetica nasce come uno strumento per garantire maggior chiarezza e trasparenza nelle operazioni commerciali immobiliari.
Proprio in conseguenza di questo, prescindendo dagli obblighi introdotti a livello regionale dagli strumenti che le regioni hanno deciso di adottare sul proprio territorio, devono essere dotati di certificazione energetica tutti gli immobili di nuova costruzione o di grande dimensione sottoposti a interventi di ristrutturazione integrale, nonché gli immobili e le unità immobiliari che devono essere venduti. In particolare, il D.Lgs. 192/2005, così come modificato e integrato dal D.Lgs. 311/2006, è molto chiaro al proposito. All' art. 3, comma 3, definisce inequivocabilmente i casi di esclusione:
1. i fabbricati industriali, artigianali e agricoli non residenziali quando gli ambienti sono riscaldati per esigenze del processo produttivo o utilizzando reflui energetici del processo produttivo non altrimenti utilizzabili;
2. i fabbricati isolati con superficie utile totale inferiore a 50 mq.
Gli immobili ricadenti nell'ambito della disciplina della parte seconda e dell'art. 136, comma 1, lett. b) e c), del D.Lgs. 42 del 22 gennaio 2004, recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio, non sono esclusi dall'obbligo di essere dotati di attestato di certificazione energetica qualora di grandi dimensioni e ristrutturati oppure venduti, in quanto l'applicazione della procedura di certificazione energetica non implicherebbe un'alterazione inaccettabile del loro carattere o aspetto.
Per interpretazione sistematica della normativa vigente, possono essere esclusi dalla dotazione di certificazione energetica:
- gli edifici "marginali", ossia gli edifici che non comportino un consumo energetico in relazione alle loro caratteristiche tipologiche e/o funzionali (per esempio: portici, pompeiane, legnaie);
- gli edifici inagibili o comunque non utilizzabili in nessun modo e che, come tali, non comportino un consumo energetico (per esempio: fabbricati in disuso, dichiarati inagibili o comunque non utilizzabili);
- i manufatti non riconducibili alla definizione di edificio dettata dall'art. 2, lett. a), del D.Lgs. 192/2005 (edificio è "un sistema costituito dalle strutture edilizie esterne che delimitano uno spazio di volume definito, dalle strutture interne che ripartiscono detto volume e da tutti gli impianti e dispositivi tecnologici che si trovano stabilmente al suo interno");
- i fabbricati "al grezzo" (del resto all'art. 6, comma 1, del D.Lgs. 192/2005 si dice che i nuovi edifici sono dotati "al termine della costruzione").
Ai sensi dell'art. 2 delle Linee guida nazionali allegate al D.M. 26 giugno 2009, la certificazione energetica si applica invece a tutti gli edifici delle categorie di cui all'art. 3, del D.P.R. 412 del 26 agosto 1993, indipendentemente dalla presenza o meno di uno o più impianti tecnici esplicitamente o evidentemente dedicati a uno dei servizi energetici di cui è previsto il calcolo delle prestazioni. Tra le categorie predette non rientrano box, cantine, autorimesse, parcheggi multipiano, depositi, strutture stagionali a protezione degli impianti sportivi, se non limitatamente alle porzioni eventualmente adibite a uffici e assimilabili, purché scorporabili agli effetti dell'isolamento termico. Viene altresì specificato che "nel caso di edifici esistenti nei quali coesistono porzioni di immobile adibite a usi diversi (residenziale e altri usi) qualora non fosse tecnicamente possibile trattare separatamente le diverse zone termiche, l'edificio è valutato e classificato in base alla destinazione d'uso prevalente in termini di volume riscaldato".
Gli edifici che devono essere dotati di attestato di certificazione energetica si dividono in:
1. edifici da dotare a prescindere da un loro trasferimento a titolo oneroso (cosiddetto "presupposto oggettivo");
2. edifici da dotare in occasione del trasferimento (cosiddetto "presupposto traslativo").
Nel primo gruppo rientrano gli edifici di nuova costruzione (ossia quelli in cui il titolo abilitativo sia stato richiesto dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. 192/2005) e quelli di superficie utile superiore a 1.000 mq qualora sottoposti a ristrutturazione integrale degli elementi edilizi costituenti l'involucro, oppure demoliti e ricostruiti in manutenzione straordinaria. L'onere della dotazione spetta al costruttore, al termine dei lavori. Sempre all'interno del primo gruppo vi sono gli edifici "agevolati", ossia quegli edifici sui quali siano stati eseguiti, successivamente al 1° gennaio 2007, int...

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