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Se la mancanza del certificato di abitabilità o di conformità può legittimare il promissario acquirente a sottrarsi all'adempimento dell'obbligo contrattuale.-
Se la mancanza del certificato di abitabilità o di conformità può legittimare il promissario acquirente a sottrarsi all'adempimento dell'obbligo contrattuale



Il rifiuto del promissario acquirente di stipulare la compravendita definitiva di un immobile privo dei certificati di abitabilità o di agibilità e di conformità alla concessione edilizia, pur se il mancato rilascio dipende da inerzia del Comune - nei cui confronti, peraltro, è obbligato ad attivarsi il promittente venditore - è giustificato, ancorché anteriore all’entrata in vigore della legge 28 febbraio 1985, n. 47, perché l’acquirente ha interesse ad ottenere la proprietà di un immobile idoneo ad assolvere la funzione economico sociale e a soddisfare i bisogni che inducono all' acquisto, e cioè la fruibilità e la commerciabilità del bene, per cui i predetti certificati devono ritenersi essenziali.    Corte di Cassazione Sez. || Civ., Sentenza n. 14899 del 06/07/2011

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
C.L., con atto del 13.04.95, conveniva in giudizio avanti al tribunale di Catania, D.B.V. per sentirsi dichiarare risolto il contratto preliminare con lui stipulato in data 23.3.93 per inadempimento del convenuto, il quale non le aveva fornito, come promesso, il certificato di conformità e quello di abitabilità ai fini della stipula dell’atto definivo; chiedeva inoltre la condanna del medesimo D.B. al pagamento di altre somme a titolo di restituzione del doppio della caparra, di quanto versato in conto prezzo ed a titolo di risarcimento danni. Si costituiva il convenuto chiedendo il rigetto della domanda avversaria e formulando a sua volta domanda riconvenzionale, assumendo che la mancata stipula del definitivo era addebitabile alla stessa attrice.
L’adito tribunale di Catania, con sentenza n. 448/02 depos. il 20.2.2002 accoglieva la domanda della C., dichiarando risolto il preliminare di vendita e condannava il D.B. al pagamento di somme per i titoli richiesti.
Avverso la suindicata pronuncia il D.B. proponeva appello contestando la responsabilità a lui addebitata per la mancata conclusione del contratto e deducendo l’errata quantificazione dei danni.
La corte d’Appello di Catania, con la sentenza n. 218/05, depos. in data 7.7.05, accoglieva in parte l’impugnazione e condannava il D. B. al pagamento della minor somma complessiva di L. 66.065.000, confermando nel resto la semenza impugnata, ribadendo, in specie, l’inadempimento del promittente venditore per il mancato rilascio dei certificati di conformità e di quello di abitabilità, obbligo posto a suo carico ope legis.
Avverso la predetta pronuncia, ricorre per cassazione D.B. V. sulla base di 4 mezzi; resiste l’intimata con controricorso.
DIRITTO
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l’esponente denunzia la violazione e/o falsa applicazione delle norme sull’interpretazione dei contratti (artt. 1362 e 1363 c.c.). Sostiene che la Corte di merito ha errato nell’interpretare la clausola contrattuale inserita nel preliminare, nel senso che la stipula dell’atto pubblico era stata condizionata all’ottenimento dei certificati in parola; se così fosse stato, le parti avrebbero dovuto inserire nel contratto un termine entro il quale doveva essere consegnato il certificato e, in caso d’inerzia del Comune, indicare con quali mezzi si sarebbe potuto ottenere lo stesso certificato, posto che la richiesta del predetto documento era stata fatta al momento della stipula (clausola n. 3 del preliminare), e di ciò era consapevole la stessa promissaria acquirente. La comune intenzione delle parti ex art. 1362 c.c. era invero desumibile solo attraverso l’interpretazione congiunta delle clausole nn. 3 e 4 del preliminare in discorso. Con il 2 motivo il ricorrente denunzia il vizio di motivazione con riferimento alle norme che regolano l’esame delle prove. La corte territoriale non aveva tenuto conto che il certificato di conformità era stato richiesto già il 4.2.93, mentre non corrispondeva al vero che esso esponente “non aveva fatto nulla” per attivarsi ad ottenerlo presso la competente autorità comunale.
Con il 3^ motivo il D.B. denunzia la violazione dell’artt. 1453 e 1183 c.c. e il vizio di motivazione; deduce che le condizioni per la pronuncia di risoluzione devono sussistere alla data del contratto definitivo e che non era configurabile l’inadempimento del venditore perchè non era stato previsto un termine per il rilascio del certificato, termine che se mai poteva essere stabilito dal giudice. I predetti motivi sono infondati.
La Corte di merito a questo riguardo ha puntualmente osservato (pag.
5) che “…. è assolutamente inequivoca la clausola del preliminare (al punto 4) che pone a carico del promittente venditore l’obbligo di ottenere sia il certificato di conformità che quello di abitabilità (…) ma, a parte la considerazione che l’obbligo di ottenere tali certificazioni spetta per legge (…) al venditore, è anche vero che prosegu...

... continua
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