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SENTENZA CORTE COSTITUZIONALE 7 FEBBRAIO 2005 N. 70
SENTENZA N. 70
ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 4, comma 125, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004), promosso con ricorso della Regione Marche, notificato il 24 febbraio 2004, depositato in cancelleria il 3 marzo 2004 ed iscritto al n. 31 del registro ricorsi 2004.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 14 dicembre 2004 il Giudice relatore Ugo De Siervo;
uditi l’avvocato Stefano Grassi per la Regione Marche e l’avvocato dello Stato Giacomo Aiello per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – La Regione Marche, con ricorso notificato il 24 febbraio 2004 e depositato il 3 marzo 2004, impugnando numerose disposizioni della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004), ne ha censurato, tra l’altro, l’art. 4, comma 125, in relazione all’art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione.
La ricorrente premette che la norma impugnata ha modificato l’art. 32, comma 27, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), sostituendo la disposizione contenuta nella lettera g). La nuova norma prevede l’esclusione dalla sanatoria edilizia, introdotta dall’art. 32 del citato decreto-legge, non solo delle opere realizzate nei porti e nelle aree appartenenti al demanio marittimo, ma anche di quelle realizzate sul demanio lacuale e fluviale, nonché sui terreni gravati da diritti di uso civico. In tal modo, lamenta la Regione ricorrente, la disposizione impugnata avrebbe introdotto una disciplina di dettaglio per individuare le zone escluse dalla sanatoria, così determinando una lesione della sfera di competenza legislativa regionale di cui all’art. 117, quarto comma, della Costituzione, se ed in quanto la disciplina sia riferibile alla materia edilizia, “e comunque della competenza legislativa concorrente di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione”, nel caso in cui si accogliesse l’interpretazione che riconduce l’edilizia alla materia “governo del territorio”.
2. – Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l’infondatezza della censura prospettata dalla Regione. Sostiene infatti l’Avvocatura che il demanio idrico apparterrebbe tuttora allo Stato e che gli usi civici avrebbero “valenza prevalentemente ambientalista”, così che la disposizione impugnata atterrebbe a materie riconducibili alla potestà legislativa esclusiva dello Stato prevista dall’art. 117, secondo comma, della Costituzione, e precisamente nella lettera g) – “organizzazione amministrativa” – e nella lettera s) – “tutela dell’ambiente”.
3. – In prossimità della data fissata per l’udienza pubblica l’Avvocatura dello Stato ha depositato una memoria nella quale ribadisce, in linea generale, le argomentazioni svolte nell’atto di costituzione. In particolare, la difesa erariale osserva che la disposizione censurata fa parte della disciplina del condono edilizio, circoscrivendone ulteriormente l’ambito rispetto all’originario testo dell’art. 32 del decreto-legge n. 269 del 2003; ciò, tuttavia, non si porrebbe in alcun modo in contrasto con la potestà legislativa regionale, dal momento che – sulla base di quanto affermato dalla sentenza di questa Corte n. 196 del 2004 – la “chiave di accesso” al condono sarebbe da considerare “nelle mani dello Stato posto che solo il legislatore statale può incidere sulla sanzionabilità penale”. La Regione dunque non potrebbe ampliare l’ambito del condono edilizio, la cui estensione massima sarebbe rimessa esclusivamente alla legislazione dello Stato.
Inoltre, aggiunge l’Avvocatura precisando la tesi già sostenuta nell’atto di costituzione, la disposizione impugnata, in quanto esclude il condono delle costruzioni realizzate sul demanio idrico (lacuale e fluviale) e sul demanio marittimo (per la parte di esso non considerata nel testo previgente della lettera g in questione), inciderebbe su beni tuttora appartenenti allo Stato e sui quali graverebbe il vincolo paesaggistico introdotto con il decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, ciò che giustificherebbe l’intervento statale sulla base dell’art. 117 secondo comma, lettere g) e s), della Costituzione. Quanto ai terreni gravati da diritti di uso civico, la difesa erariale ribadisce che agli usi civici sarebbe stata ormai riconosciuta una valenza prevalentemente ambientalista, di talché le...

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