QUESITO N. 212: Se è necessaria la presenza di uno dei coniugi alla stipula dell'atto per la vendita di un immobile acquistato con denaro personale dell'altro affinchè non ricada nel regime di comunione legale
Quesito n. 213: Per evitare che il bene immobile acquistato da uno dei coniugi durante il matrimonio con denaro personale ricada nel regime di comunione legale, è necessaria la presenza del coniuge non acquirente all’atto della stipula del contratto di acquisto del nuovo bene.-
Per poter dare una risposta esaustiva al quesito posto alla nostra attenzione occorre in primo luogo dare una giusta interpretazione dell’art. 177 comma 1 lettera a) del Codice Civile che così statuisce:“costituiscono oggetto della comunione gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali”.-
Dalla lettura di tale disposto normativo emerge che il legislatore ha previsto un’automatica sottoposizione al regime della comunione legale per tutti i beni che siano stati acquistati da uno dei coniugi anche separatamente ma in costanza di matrimonio, con la naturale conseguenza che il diritto di proprietà sorgerà in nome del coniuge acquirente ma si trasmetterà ipso iure alla comunione (Cass. 1982 n. 605).-
Ma quale valenza è da attribuirsi all’esclusione contenuta nell’art. 177 c.c.? E cosa si deve intendere per “bene personale”?-
L’art. 179 c.c., nell’elencare i casi in cui un bene possa qualificarsi personale, indica tra essi non solo i beni di proprietà esclusiva di un coniuge o quelli ottenuti da questi per donazione diretta e indiretta o per risarcimento danni ma anche quelli “ acquistati con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o con il loro scambio, purchè ciò sia espressamente dichiarato all’atto dell’acquisto”( cfr art. 179 lettera f c.c.).-
Avuto riguardo alla formulazione lessicale della disposizione («prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati»), in dottrina si è posto innanzi tutto il problema della sorte degli acquisti operati facendo impiego del corrispettivo ricavato dalla cessione dei beni personali ai sensi della lettera f) dell’art. 179 c.c. (ossia di beni personali per surrogazione).-
In proposito, va rilevato che sia la dottrina ( v. per tutti a Beccara 2002, 188; cfr. inoltre Scarano, I beni acquistati con il prezzo o lo scambio di beni personali (art. 179, lett. f) c.c.), in Bianca (a cura di), La comunione legale, I, Milano, 1989, 532; Gabrielli-Cubeddu 1997, 49 s.; Auletta 1999, 215; Russo 1999, 222 s.) sia la giurisprudenza sono concordi nel ritenere che l’acquisto è personale non solo quando il prezzo per acquistare l’immobile è stato ricavato dalla vendita di un bene donato o ereditato (art. 179, lett. b, c.c.) ma anche quando il denaro non rappresenti il corrispettivo dell’alienazione di beni personali ma sia stato direttamente acquisito a titolo gratuito da uno dei coniugi ( Cass. 1995/7437).-
Chiarita la natura del bene personale, occorre chiedersi se la sola qualifica di bene personale possa o meno bastare per sottrarre lo stesso al regime della comunione legale.-
La risposta a tale quesito è contenuta nell’art. 179 c.c. al comma 2 che precisa:“l’acquisto di beni immobili o di beni mobili registrati effettuato dopo il matrimonio è escluso dalla comunione legale, ai sensi delle lettere c) d) f )del comma 1, quando tale esclusione risulti dall’atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l’altro coniuge.”-
Da tale disposto normativo ne discende, pertanto, che, quando si verte nell’ambito della surroga reale, occorre innanzitutto che il coniuge acquirente dichiari di voler acquistare con denaro personale e che questo indichi l’origine del corrispettivo usato per acquistare il bene.-
Ma quale valenza deve essere attribuita alla dichiarazione di esclusione resa dal coniuge acquirente?
Se nel passato la giurisprudenza propendeva per la facoltatività di tale dichiarazione ( cfr Cass., 8 feb. 1993/1556; Cass., 18 ago. 1994/7437, Cass.1995/ 2503), oggi, anche per impulso del contrario orientamento dottrinale, (Quadri, L’oggetto della comunione tra coniugi: i beni in comunione immediata, FD, 1996, 183; Radice 1997, 151 s.; Auletta 1999, 216; a Beccara 2002, 192; contra Bianca, Diritto civile, II, La famiglia. Le successioni, 3° ed., Milano, 2001, 106) la Cassazione ha unanimemente stabilito che la dichiarazione del coniuge acquirente è “conditio sine qua non” affinché l’acquisto possa qualificarsi come bene personale (Cass., 24 set. 2004/19250).-
Chiarito ciò, occorre chiedersi a questo punto se il coniuge non acquirente debba o meno partecipare all’atto di acquisto.-
Sul punto va rilevato che inizialmente la giurisprudenza sia di merito sia di legittimità considerava facoltativa la partecipazione dell’altro coniuge, ( cfr Cass., 8 feb. 1993/1556, Tribunale Firenze 2 feb. 1998, R FI, 1999 ), mentre oggi, specie alla luce del nuovo orientamento giurisprudenziale inaugurato dalla sentenza n. 19250/2004 della Cassazione, si ritiene che la presenza dell’altro coniuge alla stipula dell’atto pubblico di acquisto del nuovo bene sia un elemento indefettibile e necessario per poter escludere dalla comunione legale il bene personale.-
In sede di stipula dell’atto, infatti, il coniuge non acquirente potrà :
tacere( con questo comportamento viene confermato implicitamente la natura personale del bene);-
dichiarare che si tratta di un bene personale acquistato con denaro proprio del coniuge che effettua l’acquisto ;-
negare la natura personale del bene .-
Sorge allora un’altra problematica.-
Può la volontà del coniuge non acquirente ostacolare l’autonomia privata dell’altro coniuge? E quale valenza deve attribuirsi alla dichiarazione resa dal coniuge non acquirente?
La Ca...
... continua