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QUESITO N. 220: Se al termine della convivenza more uxorio, il convivente titolare di una impresa edile (s.r.l.) che, durante la convivenza abbia provveduto alla ristrutturazione dell’appartamento di proprietà dell’altro ha diritto al rimborso....
Quesito n. 220: Se al termine della convivenza more uxorio, il convivente titolare di una impresa edile (s.r.l.) che, durante la convivenza abbia provveduto alla ristrutturazione dell’appartamento di proprietà dell’altro, immobile di cui ha ricevuto l’usufrutto del 50%, ha il diritto al rimborso per indebito arricchimento.-

L'istituto che viene in rilievo nella fattispecie sottoposta alla nostra attenzione è quello della convivenza more uxorio (o convivenza di fatto), con particolare riguardo ai rapporti patrimoniali tra i conviventi..-
Prima di passare all'esame del caso di specie, appare opportuno tentare una ricostruzione giuridica dell'istituto coinvolto.-
L'art. 29 della Costituzione stabilisce che "la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio". Ciò esprime non soltanto un certo grado di privilegio assicurato alla famiglia legittima, ma anche il riconoscimento del fatto che nella realtà sociale la famiglia legittima costituisce il modello di qualsiasi relazione di tipo familiare.-
Nell'esperienza recente, tuttavia, questo stretto rapporto tra famiglia e matrimonio è andato via via allentandosi e frantumandosi in molteplici realtà, cosicché si assiste alla formazione di diversi "tipi" di famiglia sotto vari aspetti difformi dal modello istituzionale.-
Tra questi, per la rilevanza sociale che ormai ha acquistato, si segnala la famiglia di fatto, vale a dire la convivenza di un uomo e di una donna non uniti dal vincolo matrimoniale.-
Mentre il Codice Civile da sempre considera i rapporti tra genitori e figli nati fuori dal matrimonio - rapporti che. nella disciplina attuale, si ispirano all'esigenza di una parità pressoché completa tra filiazione legittima e naturale - sarebbe vano cercare nella Costituzione, nel Codice Civile e nelle leggi speciali una espressa disciplina della convivenza more uxorio.
Nè la disciplina dettata per la famiglia legittima è applicabile per analogia a quella di fatto, a causa della diversità strutturale dei due istituti: la famiglia di fatto prescinde dal matrimonio che, al contrario, rappresenta l'atto costitutivo della famiglia legittima.-
E’ all’opera della dottrina e della giurisprudenza che si deve, perciò, l’elaborazione di principi e regola che valgano a risolvere i numerosi problemi della famiglia di fatto.-
Per quanto attiene i rapporti patrimoniali nella convivenza more uxorio, non sussiste una regolamentazione ordinaria generale, né speciale, da applicare alla famiglia di fatto.-
L'unico modo per ottenere una tutela, ad oggi, è quello di autoregolamentarsi mediante la stipulazione di patti, diretti a disciplinare taluni aspetti di natura patrimoniale al fine di evitare conflitti durante il menage oppure al momento della cessazione del rapporto e in modo da garantire i diritti successori anche al partner.-
Con l’espressione “contratti di convivenza” si intende fare riferimento agli accordi aventi ad oggetto la regolamentazione del menage familiare tra i conviventi, la ripartizione delle spese e degli oneri economici, la disciplina degli acquisti effettuati durante la convivenza o compiuti in precedenza, nonché, entro certi limiti la rottura della convivenza stessa.
Ammissibilità e liceità:
Tali contratti sono ammissibili purché, secondo quanto disposto dal secondo comma dell’art. 1322 codice civile, perseguano interessi meritevoli di tutela. Esulano da tale ambito le convenzioni che potrebbero avere ad oggetto la convivenza o il modo di condurla. Tali convenzioni secondo qualche autore sarebbero nulle, sia per mancanza di un rapporto giuridico patrimoniale da regolare, sia perché si porrebbero come sostitutive della previsione degli effetti legali discendenti dal matrimonio. Così l’obbligo di fedeltà, di coabitazione e di assistenza tra i coniugi può nascere solo da un vincolo matrimoniale che, non essendo un contratto, non può mai essere disciplinato dall’autonomia privata.
Oggetto del contratto:
Nell’ambito dei contratti di convivenza occorre anzitutto verificare se i rapporti patrimoniali siano o meno caratterizzati dalla corrispettività; anche il lavoro domestico, benché non retribuito, può costituire un adeguato corrispettivo, come del resto è confermato dalla giurisprudenza, che tende a restringere le ipotesi di gratuità del lavoro del familiare. Fino a quando le prestazioni sono corrispettive in senso tradizionale, (cessione di un bene da parte di un partner come contropartita dell’obbligo di mantenimento a carico dell’altro partner, obbligo reciproco di mantenimento) non sorgono particolari difficoltà nella qualificazione del contratto. Se invece la prestazione di uno dei conviventi è senza contropartita, potrebbe configurarsi la sussistenza di un contratto di donazione – eventualmente periodica ai sensi dell’art. 772 codice civile - con conseguente insorgenza del problema della forma del contratto, che deve essere stipulato con rogito notarile. Chi espressamente si è occupato di questo tema ha evidenziato inoltre il rischio che questi contratti possano essere impugnati per illiceità, qualora la donazione venisse interpretata come presupposto per ottenere il consenso alle prestazioni sessuali del partner .
Un’ulteriore precisazione riguarda le ipotesi in cui l’evento dedotto nel contratto (cessione di un capitale, di un bene mobile o immobile, il mantenimento), venga posto come condizione per la stipulazione di un contratto di convivenza. Quando una clausola prevede una condizione avente ad oggetto un fatto che potrebbe essere regolato solo dal matrimonio, dovrà essere ritenuta nulla ai sensi dell’art. 1354 comma 1 codice civile. Parimenti si dovranno considerare nulle tutte le clausole che prevedano, come condizione del contratto, una determinata obbligazione che possa limitare la libertà personale dell’obbligato. Occorrerà valutare nel caso concreto se l’evento dedotto in condizione sia idoneo a limitare la libertà dell’obbligato.
Forma:
Tali contratti dovranno necessariamente essere stipulati per iscritto in tutti i casi in cui abbiano ad oggetto beni per i quali tale forma è richiesta per la validità dell’atto, così come sarà necessario l’atto pubblico nei casi di donazione. Per tutti gli altri contratti occorrerà verificare volta per volta. Il problema principale riguarda i casi in cui le prestazioni siano già state eseguite in tutto o in parte. La dottrina giuridica e la giurisprudenza ritengono che si verta in tema di adempimento di obbligazioni naturali, con la conseguenza che un accordo di questo tipo si porrebbe in contrasto con il principio, più volte espresso dalla Corte di Cassazione, che in presenza di un’obbligazione naturale, non vi può essere spazio per l’autonomia negoziale. Allo stato attuale dell’orientamento giurisprudenziale, i contratti di convivenza si potranno dimostrare solamente se l’accordo risulta da un atto scritto, in modo che risulti certa la volontà delle parti di stipulare fin dall’inizio un determinato contratto. Le prestazioni eseguite dopo la stipula dell’accordo, si possono così considerare come adempimento degli obblighi precedentemente assunti e non come adempimento di obbligazioni naturali.-
Nella più frequente ipotesi, invece, in cui tra i conviventi more uxorio non sia intervenuta alcuna contrattazione occorrerà verificare la sorte delle prestazioni economiche effettuate a favore dell’altro partner. Dottrina e giurisprudenza ritengono che si verta in tema di obbligazioni naturali. In passato, invece, le elargizioni fatte a favore del convivente venivano qualificate come donazioni remuneratorie, ripugnando alla coscienza sociale che un dovere morale andasse assolto con l’elargizione di prestazioni patrimoniali. In quanto obbligazioni naturali, le prestazioni effettuate presentano le caratteristiche della mancanza di precettività e della soluti retentio previste dall’art. 2034 codice civile. Pertanto tutte le prestazioni economiche (intestazioni di beni, elargizioni di denaro) effettuate durante la convivenza, non potranno essere restituite e neppure troverà applicazione la norma generale relativa all’arricchimento senza causa di cui all’art. 2041 codice civile.-
I.a Suprema Corte argomenta in proposito come l'indagine che il giudice deve compiere per accertare se si trova di fronte ad una obbligazione naturale o meno sia duplice.-
Da un lato, infatti, egli deve accertare se nel caso sottoposto al suo esame sussiste un dovere morale o sociale in relazione alla valutazione corrente nella società attuale; dall'altro, se questo dovere sia stato adempiuto con una prestazione che presenti un carattere di proporzionalità ed adeguatezza in relazione a tutte le circostanze del caso.
In particolare, è stato affermato dalla Suprema Corte che nel rapporto di convivenza more uxorio integra l'adempimento di una obbligazione naturale, non soltanto l'assistenza morale od affettiva prestata da uno dei soggetti in favore dell'altro, ma anche l'esborso di somme effettuato da ciascuno dei conviventi (non importa se uomo o donna), al fine di sopperire a singole necessità del compagno, purché possa riscontrarsi un rapporto di proporzionalità tra le somme versate ed i doveri sociali e morali, assunti reciprocamente dai conviventi.
Pertanto, laddove le attribuzioni patrimoniali tra i conviventi integrino l'adempimento di un'obbligazione naturale, troverà applicazione il principio della soluti retentio, secondo il quale quanto versato a titolo di obbligazione naturale non può essere ripetuto.
È noto che quando un unico negozio è caratterizzato da un concorso di motivi di natura in parte onerosa ed in parte gratuita, la sua regolamentazione obbedisce al criterio della prevalenza, nel senso che ricorre la donazione (che esige la forma solenne) quando risulti la prevalenza dell'animus donandi; laddove si avrà adempimento di un'obbligazione naturale quando l'attribuzione patrimoniale venga effettuata in osservanza di un dovere nascente dalle comuni norme morali e sociali, che si riveli assorbente rispetto all’animus donandi.
La linea di confine, ...

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