QUESITO N. 239: è alienabile un bene immobile sottoposto a vincolo paesaggistico e costruito in assenza di concessione edilizia allorquando sia stata formulata domanda di condono e sia stata pagata l'oblazione?
Quesito n. 239: è alienabile un bene immobile sottoposto a vincolo paesaggistico e costruito in assenza di concessione edilizia allorquando sia stata formulata domanda di condono ai sensi e per gli effetti della legge n. 47 del 1985 e sia stata pagata completamente l’oblazione?
Per poter dare una risposta chiara ed univoca al problema sotteso, occorre chiarire la portata giuridica e interpretativa della normativa contenuta nella Legge n. 47 del 1985, che riconosce la possibilità di conseguire la concessione o l’autorizzazione in sanatoria “ai proprietari di costruzioni e di altre opere che risultino essere state ultimate entro la data del 15 ottobre 1983 ed eseguite:a) senza licenza o concessione edilizia o autorizzazione a costruire prescritte da norme di legge o di regolamento, ovvero in difformità dalle stesse; b) in base a licenza o concessione edilizia o autorizzazione annullata, decaduta o comunque divenuta inefficace, ovvero nei cui confronti sia in corso procedimento di annullamento o di declaratoria di decadenza in sede giudiziaria o amministrativa; c) coloro che hanno titolo, ai sensi della legge 28 gennaio 1977, n. 10, a richiedere la concessione edilizia o l'autorizzazione nonché, salvo rivalsa nei confronti del proprietario, ogni altro soggetto interessato al conseguimento della sanatoria medesima”(cfr art. 31).-
Con questa legge, che sarà seguita da altre, il Legislatore ha concesso a chi ha perpetrato un abuso edilizio la possibilità di legalizzare quanto di illegale sia stato da lui compiuto .-
Nasce allora spontaneo porsi delle domande in merito.-
L’ottenimento del condono è un presupposto indefettibile per poter vendere il bene? o basta solo la presentazione della domanda con l’attestazione dell’avvenuto pagamento? E, il bene sottoposto ad un vincolo paesaggistico può essere condonato?
Ma procediamo per ordine.-
Per quanto concerne la pregiudizialità dell’ottenimento della sanatoria rispetto all’atto di compravendita da stipularsi, va subito chiarito che è lo stesso legislatore nell’art. 40 della l. n. 47 del 1985 a sancire che “gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali, esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garanzia o di servitù, relativi ad edifici o loro parti, sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell'art. 31 ovvero se agli stessi non viene allegata la copia per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione, ovvero copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione e non siano indicati gli estremi dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione di cui al sesto comma dell'art. 35”.
D’altra parte anche la giurisprudenza amministrativa conferma che imprescindibile alla vendita del bene immobile abusivo non è la concessione della sanatoria ma che basta anche allegare la solo richiesta di condono, unitamente all’attestazione dell’avvenuto pagamento delle prime due rate di oblazione.( cfr T.A.R. Toscana, Sezione III, 4 ottobre 2004, n. 4068 –Colombati-).
Alla luce di tali premesse giuridiche e giurisprudenziali, ictu oculi, sembrerebbe che al quesito postoci dovrebbe darsi risposta positiva per il semplice fatto che l’originario atto pubblico di compravendita è stato corredato dalla domanda di condono presentata alla P.A. ai sensi e per gli effetti della legge n. 47 del 1985 nonché dalla documentazione attestante l’avvenuto pagamento dell’intera oblazione.-
Ma, a ben guardare, il nucleo centrale del problema qui posto è dato dall’esistenza sul bene immobile di un vincolo ambientale e paesaggistico imposto dal D. Lgs n. 42 del 2004 ( ex legge 1939 n. 1497).-
E, infatti, dalla lettura comparata di entrambi i disposti normativi prima citati ( legge sul condono del 1985 e Codice dei beni culturali del paesaggio del 2004) emerge una netta differenza tra vincoli maggiori, che sono quelli indicati nell’art. 33 della L. n. 47 del 1985, per i quali il legislatore ha negato la suscettibilità a sanatoria, qualora essi comportino inedificabilità e siano stati imposti prima della esecuzione delle opere stesse e vincoli minori, per i quali invece il legislatore ha previsto la possibilità di chiedere e di ottenere il condono, sempre che l’amministrazione preposta alla tutela del vincolo stesso abbia espresso parere favorevole al rilascio del titolo abilitativo.-
Ma, allora, quali sono i vincoli maggiori per i quali non è ammessa sanatoria?
E che valore ha il parere della P.A. ai fini del condono e della commerciabilità del bene?-
Per quanto concerne la prima domanda, va sottolineato che sono opere non suscettibili di sanatoria quelle in contrasto con a) i vincoli imposti da leggi statali e regionali nonché dagli strumenti urbanistici a tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici, ambientali, idrogeologici;b) vincoli imposti da norme statali e regionali a difesa delle coste marine, lacuali e fluviali;c) vincoli imposti a tutela di interessi della difesa militare e della sicurezza interna;d) ogni altro vincolo che comporti inedificabilità delle aree”.-( cfr art. 32 della L. n. 47 del 1985).-
Ne consegue, pertanto, che in presenza di questi vincoli non si può ottenere alcuna sanatoria e il bene è incommerciabile.-
Ma, fatte salve le ipotesi previste dall’art. 33, come abbiamo già precedentemente sottolineato, ci sono anche casi di opere abusive costruite su territorio soggetto a vincolo ambientale e paesaggistico di tipo minore, che sono suscettibili di sanatoria. ( art. 32 l. n. 47/85 comma 3 : “Il rilascio della concessione edilizia o della autorizzazione in sanatoria per opere eseguite su immobili soggetti alle leggi 1 giugno 1939, n. 1089, 29 giugno 1939, n. 1497, ed al decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, nonché in relazione a vincoli imposti da leggi statali e regionali, e dagli strumenti urbanistici, a tutela di interessi idrogeologici e delle falde idriche nonchè dei parchi e delle aree protette nazionali e regionali qualora istituiti prima dell'abuso, è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso. Qualora tale parere non venga reso entro centottanta giorni dalla domanda, il richiedente può impugnare il silenzio-rifiuto dell'amministrazione”.)-
Resta a questo punto da chiarire il valore del parere che deve essere espresso dall’Amministrazione competente e per poterlo fare occorre premettere quanto segue.-
Innanzitutto va sottolineato che la L. 28 febbraio 1985, n. 47 è stata riformulata dal D.L. 30 set...
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