Se tra le circostanze note e relative alla sicurezza dell'affare che il mediatore è tenuto a comunicare ai sensi dell’art. 1759 c.c. rientrano anche gli “elementi di fatto” che emergono dal titolo d’acquisto del venditore.-
Se tra le circostanze note e relative alla sicurezza dell'affare che il mediatore è tenuto a comunicare ai sensi
dell’art. 1759 c.c. rientrano anche gli “elementi di fatto” che emergono dal titolo d’acquisto del venditore
La sentenza della Corte di Cassazione n. 4331 del 23 febbraio 2009 affronta la questione della responsabilità del mediatore immobiliare per la mancata comunicazione alle parti di circostanze, a lui note, relative alla sicurezza dell'affare e, come tali, idonee ad influire sulla conclusione dello stesso.
Nel caso di specie, oggetto dell'affare era la compravendita di una casa di abitazione con annesso terreno. Concluso il contratto preliminare per effetto dell'intervento del mediatore, le parti gli corrispondevano la provvigione, ma, all'atto della stipula del definitivo, il notaio rifiutava di rogare l'atto perché dal titolo di provenienza, ossia dall'atto di acquisto mediante il quale il promissario venditore era divenuto, a suo tempo, proprietario dell'immobile da compravendere, risultava la proprietà del terreno, ma non del fabbricato che insisteva su di esso.
L'istituto dell'accessione (art. 934 c.c.) consentirebbe comunque di considerare il fabbricato appartenente al proprietario del fondo, ma la concomitante potenziale operatività di altri istituti giuridici, avevano indotto il notaio a sconsigliare la stipula del definitivo.
Il mediatore, prima della conclusione dell'affare, era in possesso dell'atto d'acquisto, dal quale risultava solo il terreno e non anche il fabbricato.
Secondo la Corte di Cassazione:
- il mediatore è tenuto a comunicare alle parti, ai sensi dell'art. 1759 c.c., ogni circostanza a lui nota relativa alla valutazione sulla sicurezza dell'affare, potenzialmente idonea ad influire sulla sua conclusione;
- la circostanza che nel titolo d'acquisto risultasse che il venditore non fosse proprietario di uno dei beni oggetto dell'affare rileva ai fini della relativa sicurezza;
- la disamina delle conseguenze giuridiche legate al contenuto di tale titolo d'acquisto non competono al mediatore, ma ciò non lo esonera dall'obbligo di comunicare alle parti una simile circostanza, a lui nota, intesa come mero fatto e a prescindere dalle specifiche implicazioni giuridiche;
- l'inadempimento di tale dovere informativo comporta la perdita del diritto alla provvigione.
TESTO DELLA SENTENZA
Cassazione civile, Sezione 3, Sentneza n. 4331 del 23.2.2009
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nell'impugnata sentenza lo svolgimento del processo è esposto come segue.
Con atto di citazione notificato il 20.4.2000, D. e D. S. evocavano in giudizio D.P.G.C. dinanzi al Tribunale di Verbania per ivi sentir accertare l'insussistenza del loro obbligo di pagarle il corrispettivo di provvigione mediatoria e sentirla in conseguenza condannare alla restituzione in loro favore della somma di lire 11.196.000, a tal titolo versatale, oltre interessi e rivalutazione. Le attrici esponevano:
- di aver stipulato con la mediazione della D.P. un contratto preliminare di vendita immobiliare con le signore A. e R.L., relativo all'acquisto di una casa di abitazione, con annesso terreno, in (…);
- che il rogito non era stato tuttavia stipulato dal momento che il Notaio rogante aveva fatto rilevare che l'atto di acquisto dell'immobile delle promittenti venditrici non contemplava il fabbricato ivi insistente ma solamente il terreno;
- che in conseguenza avevano deciso di soprassedere alla stipulazione e avevano risolto consensualmente il preliminare;
- che la signora D.P. aveva violato i propri obblighi di corretta e completa informazione che le incombevano in qualità di mediatrice, sia con riferimento all'omessa indicazione delle carenze dell'atto di provenienza in possesso delle parti venditrici, sia a proposito delle irregolarità urbanistiche emerse a carico del fabbricato.
La convenuta si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto della domanda attorea. In sede di precisazione delle conclusioni le attrici chiedevano in subordine la risoluzione del contratto di mediazione o la condanna delle convenuta alla restituzione delle somme ai sensi dell'articolo 2143 (sic) c.c., mentre la convenuta rifiutava di accettare sul punto il contraddittorio.
Con sentenza del 26.11.2001 - 12.2.2002 il Tribunale di Verbania respingeva la domanda attorea e condannava le attrici alla rifusione delle spese processuali. La sentenza veniva notificata alle attrici in data 3.4.2002.
Con atto di citazione notificato il 24.4.2002 proponevano appello D. e D.S., chiedendo, in riforma dell'impugnata sentenza, dichiararsi non dovuta, per i motivi esposti, la mediazione all'appellata e conseguentemente condannarsi la medesima alla pronta restituzione della somma di lire 11.196.000, pari ad euro 5.782,25, con interessi compensativi e rivalutazione monetaria.
Le appellanti censuravano la decisione del giudice di primo grado, osservando:
- che, per quanto atteneva l'omessa comunicazione della irregolarità urbanistica relativa all'immobile, oggetto di procedimento di condono, il Giudice di primo grado non aveva considerato che la D.P. aveva taciuto informazioni circa le numerose irregolarità edilizie, in ciò mancando dolosamente ai propri doveri e che la situazione era stata sanata per l'impegno e la diligenza delle parti promissarie, senza partecipazione utile da parte del mediatore,
- che inoltre le R. e il mediatore avevano in mala fede taciuto alle acquirenti il fatto che il fabbricato non era stato oggetto di regolare trasferimento in capo alle promittenti venditrici, sicché queste, a loro volta, non lo potevano trasferire regolarmente alle D., salvo far leva sulla mera presunzione di cui all'articolo 934 c.c., circostanza questa che aveva indotto il Notaio rogante a consigliare di soprassedere alla stipulazione dell'atto.
Si costituiva in giudizio l'appellata, chiedendo il rigetto dell'appello proposto dalle D. e per l'effetto l'integrale conferma della sentenza di primo grado, previa, nel solo caso di ammissione delle istanze istruttorie di parte appellante, assunzione delle testimonianze in prova contraria indicate nelle conclusioni "in via subordinata istruttoria" precisate in prime cure;
Le appellanti rinunciavano alle loro istanze istruttorie.
All'udienza del 10.12.2002, sulle conclusioni definitive sopra trascritte, la causa era assegnata a decisione, con la concessione dei termini di rito per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
Con sentenza 4.3 - 14.7.03 n. 887/03 la Corte di Appello di Torino provvedeva come segue. "...definitivamente pronunciando; respinta ogni diversa istanza, eccezione e deduzione;
in accoglimento dell'appello interposto da D.D. e D.S. e in totale riforma della sentenza n. 83, emessa il 26.11.2001/12.2.2002 dal Tribunale di Verbania;
dichiara tenuta e condanna D.P.G.C. a pagare a D.D. e D.S., creditrici in solido la somma di euro 5.782,25 con interessi legali da 20.4.2000 al saldo, a titolo di restituzione della provvigione indebitamente incassata;
dichiara tenuta e condanna D.P.G.C. a pagare a D.D. e D.S. , creditrici in solido, a titolo di rifusione spese processuali:
- la somma di euro 2.907,65 oltre IVA e CPA come per legge sulle quote imponibili, quanto al giudizio di primo grado;
- la somma di euro 2.605,00, oltre IVA e CPA come per legge sulle quote imponibili, quanto al giudizio di secondo grado.".
Contro questa decisione ha proposto ricorso per cassazione D.P.G.C. , titolare dell'omonima agenzia immobiliare.
Hanno resistito con controricorso D.D. e D.S. .
D.P.G.C. ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente in quanto connessi.
La ricorrente D.P.G.C. , con il primo motivo, denuncia:
"Violazione dell'articolo 360 c.p.c., n. 3, con riferimento agli articoli 1759 e segg., alla Legge n. 39 del 1989, con riferimento all'articolo 934 c.c., articoli 935, 936, 937 e 922 c.c., ed infine all'articolo 1176 c.c." esponendo doglianze che vanno riassunte come segue. La Corte territoriale contesta alla ricorrente di non avere segnalato che l'atto di provenienza a favore delle promittenti includeva il solo terreno, e non anche l'edificio sovrastante e che pertanto, poiché i promissari potevano contare solo sulla "presunzione" di cui all'articolo 934 c.c., l'acquisto sarebbe stato a rischio, presunzione, aggiunge la Corte, che potrebbe essere superata da titoli contrari, ex articolo 934 c.c. e segg.. La disamina in questione, di tipo squisitamente tecnico - giuridico, non poteva essere posta a carico del mediatore, ma solamente di un operatore del diritto particolarmente qualificato quale il Notaio. È incongruente imporre al mediatore un'analisi del titolo di provenienza per verificare se il venditore sia in grado o meno di disporre almeno apparentemente del bene, analisi secondo la Corte da effettuare con approssimazione e perché poi ci penserà il Notaio ad eseguire gli esatti controlli.
La motivazione non analizza i seguenti punti:
A) l'atto di provenienza aveva contenuti complessi e quindi, quand'anche fosse vero che il mediatore l'avesse messo a disposizione, tale argomento non superava per quanto esposto in precedenza, i termini del problema;
B) quand'anche infatti non l'avesse messo a disposizione, la complessità dell'atto superava i termini del problema in punto responsabilità, posto che comunque, in capo al mediatore non era ravvisabile alcun elemento di colpa o dolo, perché, sempre stando alla giurisprudenza citata dalla Corte in sentenza (in particolare la n. 4791/1999), egli non aveva l'obbligo di compiere queste verifiche e neppure, quand'anche fossero state fatte, di analizzarle in modo concludente e dirimente sotto il profilo giuridico.
C) Infine, emergeva dagli stessi atti di controparte (v. le deduzioni istruttorie in memoria 8/1/2001 in 1 grado), dai capp. 9-10-11-12-13-14-15-16-17, che il mediatore non ritardò la consegna, né la rifiutò, ma consigliò di rivolgersi all'arch. B. , soggetto che evidentemente rappresentava la proprietà, ma la cosa più importante è quella che emerge dai capp. 12, 13, 14, 15, 16 e cioè che, se fu rilasciata una concessione in sanatoria, il Comune ben aveva valutato la titolarità in capo al bene immobile.
... continua