La c.d. frode al mediatore immobiliare.-
La c.d. frode al mediatore immobiliare.-
Non è raro che le parti, messe in relazione dal mediatore, revochino l’incarico allo stesso simulando l’abbandono dell’affare che, poi, concludono direttamente di nascosto, oppure proseguendo da sole le trattative. L’ipotesi di frode più frequente si realizza però quando, indipendentemente dall’esercizio della facoltà di recesso, viene negata e posta in discussione, nei suoi elementi soggettivi e oggettivi, la stessa conclusione dell’affare.-
Diritto alla provvigione e scadenza o revoca dell’incarico.-
È piuttosto diffuso nella prassi il fenomeno secondo cui il cliente di un mediatore, dopo la scadenza del termine dell’incarico o la revoca dello stesso, tenti di sottrarsi al pagamento della provvigione prendendo diretto contatto con l’acquirente o venditore presentatogli dall’agente immobiliare cercando di portare a termine privatamente l’affare.-
Si tratta di tentativi che, generalmente, sebbene siano compiuti a distanza di tempo dalla conclusione del rapporto con l’intermediario, non portano a dei risultati positivi in quanto spesso il cliente viene costretto, con sentenza del giudice, a pagare la provvigione.-
In ogni caso è importante chiarire che per il diritto del mediatore al compenso non è determinante un suo intervento in tutte le fasi delle trattative sino all’accordo definitivo, essendo sufficiente che la conclusione dell’affare possa ricollegarsi all’opera da lui svolta per l’avvicinamento dei contraenti.-
Se esiste tale nesso, anche in caso di revoca o scadenza dell’incarico, non impedisce al mediatore di pretendere il compenso per l’opera svolta.-
In altre parole la revoca o la scadenza del mandato non rimette automaticamente le parti nella condizione di poter liberamente concludere l’affare: infatti, dopo tale revoca o decorso del tempo, le segnalazioni provenienti dal mediatore non perdono efficacia e non possono essere considerate come mai avvenute.-
Del resto, il conferimento di incarico al mediatore, con patto di esclusiva per un determinato periodo di tempo, non è indicativo anche della volontà del preponente di rifiutare l’attività del mediatore stesso dopo la scadenza del termine di validità del patto (Cass., sent. 13 giugno 2002, n. 8437).-
Allo stesso modo l’affidamento successivo del medesimo incarico ad altro mediatore non costituisce un comportamento concludente volto alla revoca dell’incarico originario.-
In ogni caso l’intervallo di tempo tra la conclusione del contratto e le prime trattative o il successivo interessamento anche di altri soggetti non sono circostanze idonee a escludere che l’attività iniziale, espletata da colui che pretende la provvigione, costituisca l’antecedente necessario della conclusione dell’affare, e, perciò, non interrompe il nesso di causalità.-
Alla luce dei principi sopra espressi merita un compenso il mediatore che mette in contatto compratore e venditore di immobile ma le trattative si interrompono a causa delle eccessive pretese del venditore, anche se poi l’affare si conclude qualche mese dopo, perché il compratore legge, su un periodico, un’inserzione pubblicitaria da cui apprende che il venditore ha ridotto il prezzo e per questo si decide a concludere l’affare.-
Lo stesso dicasi se gli eredi di un venditore, dopo la scadenza dell’incarico, concludono l’affare con la parte presentata al de cuius, per un prezzo lievemente inferiore.-
E ancora, se il mediatore mette in contatto il potenziale acquirente con il venditore, cioè fissa un appuntamento presso un cantiere della società alienante, fa visionare l’intero complesso edilizio realizzato e, in particolare, mostra le diverse villette in vendita, sussiste il nesso causale tra l’opera del mediatore e il successivo acquisto di una villetta, anche diversa da quella visionata, senza che il rapporto causale si possa ritenere vanificato o interrotto da un intervallo di tempo di diversi mesi e l’acquisto non abbia riguardato esattamente la villetta mostrata.-
A diversa conclusione, però, si deve arrivare se le parti intermediate sottoscrivono una proposta irrevocabile d’acquisto tramite il mediatore, impegnandosi contestualmente a corrispondere la provvigione solo in caso di accettazione della predetta proposta entro un determinato termine.-
Tale pattuizione, infatti, limita il diritto dell’intermediario a percepire il compenso al solo caso in cui l’affare sia concluso entro la data prevista dalla predetta clausola.-
Se, quindi, la proposta di acquisto viene accettata dopo la data indicata, in applicazione del patto contrattuale sopraddetto, i clienti possono evitare di corrispondere la provvigione al mediatore.-
Allo stesso modo si deve negare il diritto alla provvigione se l’affare viene concluso dopo un rilevante lasso di tempo dalla scadenza dell’incarico (per esempio, 6 mesi) per iniziative nuove e per beni parzialmente differenti.-
Diritto alla provvigione e identificazione soggettiva dell’affare.-
Per quanto riguarda la tematica delle modificazioni attinenti il profilo soggettivo dell’affare intermediato e della connessa individuazione dei limiti giuridici entro i quali è possibile far valere l’interesse al pagamento della provvigione è necessario sottolineare come, secondo un consolidato principio, il mediatore abbia diritto alla provvigione anche se le parti dell’affare al momento della stipulazione del contratto intermediato sostituiscano altri a se stesse, atteso che il diritto al compenso va riconosciuto in relazione alla conclusione dell’affare, e non già in relazione alla stipulazione del relativo negozio giuridico fra le parti stesse.-
Secondo l’esposto principio, quindi, vi è identità dei soggetti non solo in caso di sostanziale coincidenza ma anche in caso di continuità tra il soggetto che partecipò alle trattative e quello che sul piano formale ne ha preso il posto in sede di stipulazione del contratto intermediato.-
Di conseguenza, se per esempio l’opera del mediatore è riuscita a far pervenire le parti a un accordo relativamente a una vendita immobiliare ma, una di esse, al momento della conclusione dell’affare, sostituisce a sé un familiare sarebbe ingiusto negare la provvigione all’agente.-
Alla medesima conclusione si deve pervenire qualora un soggetto, amministratore di una società, abbia partecipato a trattative tacendo tale qualità e le trattative siano state poi continuate senza l’intervento del mediatore da altro soggetto con riserva di nomina di un terzo, poi indicato nella persona della società per conto della quale aveva prima agito il suo amministratore: non vi è dubbio,
infatti, che in questa ipotesi la società debba pagare la mediazione.-
Ma le cose non cambiano anche nell’ipotesi di morte del contraente intermediato e di subentro nelle trattative da parte del suo erede qualora questi concluda poi l’affare avvalendosi dell’opera in precedenza svolta dal mediatore; lo stesso dicasi in caso di fallimento del contraente qualora la curatela si avvantaggi concretamente della precedente opera del mediatore con la conseguenza di essere obbligata al pagamento della provvigione. In tali ipotesi, quindi, debitore della provvigione è il soggetto originario, cioè la stessa persona con cui il mediatore ha avuto contatti.-
A diversa soluzione si deve, invece, pervenire qualora la sostituzione di un soggetto a un altro si verifichi durante il corso delle trattative e cioè mentre si sta ancora svolgendo l’intervento mediatorio. In questa ipotesi, infatti, con il secondo soggetto s’instaura un nuovo rapporto che sostituisce quello originario creando un obbligo al pagamento della provvigione solo a carico del nuovo cliente del mediatore (naturalmente solo se l’affare viene concluso).-
Così, per esempio, se dopo un’instaurazione di un rapporto di mediazione, un soggetto interessato a una...
... continua