Vendita, promessa ma non attuata, dell’immobile locato: l'inquilino a chi paga?
Vendita, promessa ma non attuata, dell’immobile locato: l'inquilino a chi paga?
La vendita, promessa ma non attuata, dell’immobile locato era stata sostituita coattivamente dalla sentenza del giudice, al quale era ricorso il promittente acquirente. Pertanto l'inquilino aveva corrisposto in buona fede i canoni all’acquirente.-
Il risultato è stato uno sfratto per morosità da parte del promittente-venditore, suo originario locatore.-
La Corte infatti afferma che: "Non è riconoscibile l’esecutività provvisoria, ex art. 282 cod proc. civ., del capo decisorio relativo al trasferimento dell’immobile contenuto nella sentenza di primo grado resa ai sensi dell’articolo 2932 c.c., né è ravvisabile l’esecutività provvisoria della condanna implicita al rilascio dell’immobile in danno del promittente venditore, scaturente dalla suddetta sentenza nella parte in cui dispone il trasferimento dell’immobile, producendosi l’effetto traslativo della proprietà del bene solo dal momento del passaggio in giudicato di detta sentenza con la contemporanea acquisizione al patrimonio del soggetto destinatario della pronuncia".
Cass. civ., Sez. Un., Sentenza 22 Febbraio 2010 , n. 4059
Svolgimento del processo
Con atto di intimazione di sfratto per morosità e contestuale citazione per la convalida notificato il 21 febbraio 2006, la S. s.a.s. di B.F. & C. conveniva dinanzi al Tribunale di Isernia la M. s.r.l. per sentir convalidare lo sfratto in relazione ad un contratto di locazione del 10 aprile 2002 riguardante un immobile ad uso commerciale sito in Isernia al c.so Garibaldi, a causa del mancato pagamento dei canoni dal mese di settembre 2005, ed ottenere l'emissione di contestuale decreto ingiuntivo relativo alla somma dei canoni scaduti e da scadere, oltre accessori come per legge.
Radicatosi il contraddittorio dinanzi alla predetta A.G., si costituiva in giudizio la società intimata la quale si opponeva alla convalida e contestava la fondatezza della domanda sul presupposto che la stessa non poteva più considerarsi conduttrice del suddetto immobile dal novembre 2005, avendolo liberato e ceduto alla sig.ra T.R. (come comunicato alla stessa società intimante), quale nuova proprietaria dello stesso immobile in forza di sentenza n. 357 del 2005 resa dal Tribunale di Isernia ai sensi dell'art. 2932 cod. civ., in attuazione di un contratto preliminare di vendita stipulato il 20 novembre 2000 tra essa T.R. (quale promissaria acquirente) e la S. (quale promittente venditrice), la quale, perciò, non poteva nemmeno considerarsi più proprietaria-locatrice dell'immobile in questione tale da legittimare l'instaurazione del procedimento di sfratto (invece azionato).
Con sentenza n. 36 del 7 marzo 2008, l'adito Tribunale - premesso che la presunta risoluzione del contratto di locazione tra la M. e la sig.ra T.R., pretesa proprietaria dell'immobile, era inopponibile alla locatrice S. e che la sentenza costitutiva ex art. 2932 cod. civ. poteva considerarsi produttiva di effetti solo dal passaggio in giudicato, donde la persistente qualità di proprietaria e locatrice della S. e il suo conseguente diritto a percepire i canoni di locazione e a far valere l'inadempimento della conduttrice - dichiarava risolto il contratto di locazione con le conseguenti pronunce condannatorie in favore della locatrice-intimante.
A seguito di appello interposto dalla M. s.r.l. con ricorso del 30 aprile 2008, espletatesi la trattazione e la conseguente discussione, la Corte di appello di Campobasso, con sentenza n. 237 del 2 ottobre 2008, rigettava l'impugnazione proposta, condannando la società appellante alla refusione delle spese del grado. Osservava la corte di merito: che le pronunce costitutive ex articolo 2932 c.c. dispiegano i loro effetti dal momento del loro passaggio in giudicato; che non era possibile consentire ad una norma processuale (l'articolo 282 c.p.c. nella nuova formulazione ) di anticipare effetti che, per la natura stessa della sentenza ex articolo 2932 c.c., neppure la definitività del giudicato potrebbe far retroagire ad una data anteriore a quella del giudicato medesimo; che pertanto T.R. non era ancora proprietaria dell'immobile in questione oggetto di locazione per cui tutte le sue pretese avanzate nei confronti della M. erano infondate in quanto basate su errati presupposti di diritto; che, per converso, la S. era proprietaria e locatrice del detto immobile ed il rapporto di locazione era in corso non essendo stato mai risolto nei confronti della S. alla quale la M. non aveva mai restituito il bene; che anche la sentenza 18512/2007 della Cassazione, invocata dalla appellante a sostegno della propria tesi, riguardava le sole statuizioni di condanna accessorie alla pronuncia ex articolo 2932 c.c., il che non equivaleva ad affermare la produzione prima del giudicato del tipico effetto costitutivo (ossia il trasferimento di proprietà); che la sentenza impugnata aveva rigettato la domanda riconvenzionale della M. diretta ad ottenere la restituzione della somma di euro 15.000,00 a suo tempo versata alla S. a titolo di deposito cauzionale; che sul punto la sentenza appellata, pur se priva di motivazione, era corretta ed andava confermata posto che nella specie il rapporto di locazione non era cessato, la M. non aveva rilasciato l'immobile locato alla S. e non aveva versato i canoni di locazione dal settembre 2005, sicché non ricorrevano i presupposti della restituzione del deposito cauzionale; che, proprio con riguardo alla morosità del conduttore, il locatore aveva la possibilità di soddisfare il suo credito con il deposito cauzionale.
La cassazione della sentenza della corte di appello di Campobasso è stata chiesta dalla s.r.l. M. con ricorso affidato a quattro motivi illustrati da memoria. La S. s.a.s. di B.F. & C. ha resistito con controricorso.
Il ricorso, prospettando una questione di massima di particolare importanza, è stato assegnato dal Primo presidente alle Sezioni Unite ex articolo 374 (comma 2 ultima alinea) c.p.c.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso la società M. denuncia violazione degli articoli 282 c.p.c., 474 c.p.c. e 2932 c.c. assumendo l'erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non ha considerato immediatamente esecutive le sentenze ex art. 2932 cod. civ. limitatamente alle statuizioni di condanna in esse contenute, dimenticando che integra il concetto di “condanna” anche quella implicitamente contenuta nell'accoglimento della domanda ex art. 2932 cod. civ. proposta dal promissario acquirente e diretta al trasferimento del bene in suo favore, sicché il promittente venditore, per l'effetto della pronuncia del trasferimento, è “obbligato al rilascio del bene”. In altri termini, la Corte di appello ha omesso di considerare che la statuizione di trasferimento del bene, contenuta nella sentenza costitutiva prevista dall'art. 2932 cod. civ., implica una vera e propria “condanna” del promittente venditore ad un “facere”, alla stessa stregua della condanna del proprietario del fondo servente a consentire l'esercizio della servitù coattiva di passaggio (come statuito con la sentenza n. 1619 del 2005 della III sez. della Corte di cassazione): infatti, nel caso di condanna implicita, l'esigenza di esecuzione della sentenza deriva dalla stessa funzione che il titolo è destinato a svolgere. Pertanto, in applicazione di tale principio, vertendosi in tema di sentenza costitutiva, la funzione della stessa è da intendersi caratterizzata da un'esigenza di esecuzione, che non avrebbe potuto trovare altra alternativa se non nel ritenere che la sentenza contenesse - per la struttura del diritto sostanziale azionato - una condanna implicita al rilascio del bene, previa, naturalmente, la pronuncia di trasferimento dell'immobile stesso. Evidenzia al riguardo la ricorrente che gli effetti consequenziali all'esecuzione di una sentenza costitutiva ex art. 2932 cod. civ. si presentano assolutamente reversibili, ben potendosi, in caso di riforma di tale pronuncia, ripristinare la pregressa situazione, con la restituzione, anch'essa attuabile nelle forme dell'esecuzione forzata, dell'immobile oggetto del contratto preliminare, trasferito al promissario acquirente dopo l'emanazione sentenza di cui al citato art. 2932 cod. civ. La società M. censura l'impugnata pronuncia anche con riferimento al discutibile richiamo dei principi espressi con la sentenza della S.C. n. 18512 del 2007 intervenuta sull'argomento con la quale non era stata operata alcuna distinzione tra il promittente venditore - cui era stata riconosciuta la possibilità di agire immediatamente per il recupero del prezzo della vendita (possibilità prevista anche nella sentenza oggetto di ricorso) - e il promissario acquirente, titolare del diritto di conseguire il rilascio dell'immobile compravenduto, quale diretta ed immediata conseguenza - pur se implicita - della pronuncia di trasferimento dell'immobile contenuta nella sentenza emessa ai sensi del più volte menzionato art. 2932 cod. civ. Da ciò si sarebbe dovuto inferire che, in concreto, una volta ottenuta siffatta sentenza costitutiva, la tutela accordata al promissario acquirente sarebbe rimasta monca ove non fossero stati apprestati adeguati strumenti per consentirgli l'esercizio immediato del diritto di proprietà e, tra questi strumenti, particolare rilievo avrebbe dovuto assumere l'istituto della provvisoria esecutività ex art. 282 cod. proc. civ., per la sua attitudine ad assicurare l'anticipazione dell'efficacia propria del giudicato, volta ad evitare che la durata del processo possa pregiudicare l'attore vittorioso in primo grado. Del resto proprio in considerazione di questa esigenza pratica, sottesa al richiamato istituto dell'esecuzione provvisoria disciplinata dal citato art. 282 cod. proc. civ., si era ritenuto da parte della più avveduta dottrina, di poterne estendere l'applicazione anche al di fuori dei tradizionali confini della tutela condannatoria, con la conseguenza che anche le sentenze costitutive potrebbero beneficiare della indicata provvisoria esecutorietà.
La corte di appello ha in definitiva errato nel ritenere che la pubblicazione della sentenza n. 357 del 2005 adottata in primo grado dal Tribunale di Isernia non avesse esplicato effetti giuridici tra la S. e la T.R.. Diversamente opinando, invece, al cospetto della immediata e completa esecutività della sentenza di primo grado emessa ai sensi dell'art. 2932 cod. civ., il giudice del gravame avrebbe dovuto ritenere il contratto di locazione stipulato dalla S., oramai non più proprietaria, risolto di diritto, con tutti i derivanti effetti del caso, anche in ordine al pagamento dei canoni, non più dovuti alla S., bensì alla riconosciuta proprietaria T.R., sin dalla data in cui era stata pubblicata la predetta sentenza del Tribunale di Isernia con la quale era stato trasferito l'immobile oggetto del contratto di locazione in questione.
Con riguardo al primo complesso motivo la ricorrente ha formulato i seguenti quesiti di diritto:
- “se sia conforme all'ordinamento l'affermata non esecutività ex art. 282 cod. proc. civ. del capo di trasferimento dell'immobile contenuto nella sentenza resa ai sensi dell'art. 2932 cod. civ., ove la domanda di esecuzione in forma specifica diretta al trasferimento del bene sia stata proposta dal promissario acquirente”;
- “se sia conforme all'ordinamento la non ravvisata condanna implicita al rilascio dell'immobile, in danno del promittente venditore, immediatamente e-seguibile nelle forme dell'espropriazione forzata, nella sentenza resa ai sensi dell'art. 2932 cod. civ. nella parte che dispone il trasferimento dell'immobile, ove la domanda di esecuzione in forma specifica diretta al trasferimento del bene sia stata proposta dal promissario acquirente”.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione del principio di ragionevolezza e/o di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge di cui all'art. 3 Cost. e/o del principio della parità delle parti nel processo di cui all'art. 111, comma secondo, Cost. e/o del principio di effettività della tutela giurisdizionale di cui all'art. 111 Cost. e/o del principio dell'azionabilità dei propri diritti e dell'effettività delle garanzie processuali di cui all'art. 24 Cost. Deduce la ricorrente che, ragionando nel solco tracciato dall'impugnata sentenza e nella piena consapevolezza dell'assenza di tutela immediata per il promissario acquirente, un soggetto può stipulare un preliminare di compravendita e sottrarsi alla stipula del definitivo per, poi, ritardare quanto più a lungo possibile la consegna del bene, attraverso la proposizione dei rimedi impugnatori esperibili avverso la sentenza che decide sull'azione ex art. 2932 cod. civ., intrapresa dal promissario acquirente dopo la mancata stipula del contratto definitivo di vendita: e tutto ciò nonostante che egli possa, ancor prima del passaggio in giudicato di tale sentenza, aver ottenuto (o aver agito per ottenere) l'intero prezzo della vendita. Di qui l'innegabile esigenza di riconoscere, in relazione agli artt. 3, 24 e 111 Cost., contrariamente a quanto operato dalla Corte di appello (che non si è posta affatto la problematica degli effetti devastanti derivanti dall'applicazione del criterio del “doppio binario di tutela”), una sollecita tutela al promissario acquirente, sottoposto al più che concreto rischio di dover attendere lunghissimi anni per conseguire l'immobile, malgrado abbia potuto corrispondere interamente il residuo del prezzo, senza che possa fungere da ostacolo, al riconoscimento in discorso, la questione della reversibilità (comunque sicura) degli effetti in caso di caducazione della sentenza di primo o secondo grado. Si deve pertanto escludere che alla sentenza decisa ex art. 2932 cod. civ. si possa attribuire (come l'impugnata sentenza ha stabilito), sul piano del diritto sostanziale, un'efficacia limitata ai soli profili obbligatori, senza estendersi a quello reale. Ne consegue che deve essere necessario, sotto ogni angolazione, giuridica e sociale, consentire, a ciascuna parte, di potersi avvalere della generale regola della immediata esecutività delle sentenze di primo grado di cui all'art. 282 cod. proc. civ., pur se pronunciate ex articolo 2932 cod. civ., sin dal loro deposito, in aderenza al diritto vigente, necessariamente condizionata, ma per entrambe le parti, dall'accettazione del rischio dell'attendibilità della prima o della seconda pronuncia.
Con riguardo al secondo proposto motivo, quindi, è stato formulato il seguente quesito di diritto:
“se sia conforme al principio di ragionevolezza e/o di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge di cui all'art. 3 Cost. e/o del principio della parità delle parti nel processo di cui all'art. 111, comma secondo, Cost. e/o del principio di effettività della tutela giurisdizionale di cui all'art. 111 Cost. e/o del principio dell'azionabilità dei propri diritti e dell'effettività delle garanzie processuali di cui all'art. 24 Costituzione, in tema di sentenza pronunciata ex art. 2932 cod. civ., la riconosciuta immediata esecutività ex art. 282 c.p.c. al diritto del promittente venditore di esigere il prezzo della vendita e l'affermato differimento, al momento del passaggio in giudicato di tale sentenza, del trasferimento del diritto di proprietà del promissario acquirente e dell'esercizio delle facoltà a questi spettanti”.
Le dette numerose censure possono essere esaminate congiuntamente per la loro stretta connessione ed interdipendenza riguardando tutte, quale più quale meno, sia pur sotto aspetti e profili diversi, le stesse collegate questioni - ritenute di particolare importanza e per il cui esame il ricorso è stato assegnato a queste Sezioni Unite - che possono essere così sintetizzate:
dicano le Sezioni unite se sia riconoscibile l'esecutività provvisoria, ex art. 282 cod. proc. civ., del capo decisorio relativo al trasferimento dell'immobile contenuto nella sentenza di primo grado resa ai sensi dell'articolo 2932 c.c., e, inoltre, se possa ravvisarsi, tenendo conto anche dei principi di ragionevolezza e di tutela del diritto di azione, previsti rispettivamente dagli artt. 3 e 24 Cost., l'esecutività provvisoria della condanna implicita al rilascio dell'immobile, in danno del promittente venditore, scaturente dalla suddetta sentenza nella parte in cui dispone il trasferimento dell'immobile, ove la domanda di esecuzione in forma specifica diretta all'ottenimento di una statuizione produttiva degli effetti del contratto definitivo di compravendita non concluso sia stata proposta dal promissario acquirente.
Ai detti quesiti va data risposta negativa così come ritenuto dalla sentenza impugnata dalla M. per cui i primi due motivi di ricorso devono essere rigettati.
Occorre osservare che - con riferimento alla peculiarità dell'azione personale e non reale prevista dall'articolo 2932 c.c. e della sua correlata sentenza - questa Corte ha ripetutamente affermato che la detta sentenza ha natura costitutiva e spiega la sua efficacia solo con decorrenza “ex nunc” al momento del suo passaggio in giudicato, con conseguente necessità della sussistenza delle condizioni dell'azione al momento dell'intervento della pronuncia.
In particolare questa Corte in proposito ha avuto modo di affermare i seguenti principi:
- nell'ipotesi in cui la sentenza emessa ai sensi dell'art. 2932 c.c. imponga all'acquirente di versare il prezzo della compravendita, l'obbligo diviene attuale al momento del passaggio in giudicato della sentenza che trasferisce il bene o allo spirare del termine ulteriore da essa eventualmente stabilito (sentenza 16/1/2006 n. 690);
- la pronuncia ex art. 2932 c.c. produce gli effetti del contratto di compravendita non concluso soltanto dal momento del suo passaggio in giudicato (sentenza 2/12/2005 n. 26233);
- ai fini della sospensione necessaria del giudizio di cui all'art. 295 c.p.c., è indispensabile la esistenza di un rapporto di pregiudizialità giuridica che ricorre nel solo caso in cui la definizione di una controversia costituisca, rispetto all'altra, un indispensabile antecedente logico - giuridico. Non ricorre il detto rapporto di pregiudizialità necessaria nel caso di una controversia relativa ad uno sfratto per morosità e quella attinente all'esecuzione in forma specifica del contratto preliminare di compravendita stipulato tra locatore e conduttore. Infatti, attesa la natura costitutiva della sentenza che dispone il trasferimento coattivo, destinata a produrre effetti solo alla data del passaggio in giudicato della relativa pronuncia, permanendo nelle more l'obbligo di corrispondere il canone al locatore, gli esiti del giudizio instaurato con la domanda di adempimento del contratto preliminare non possono interferire con quelli del procedimento di sfratto per morosità (ordinanza 3/8/2005 n. 16216);
- poiché nel caso di contratto preliminare di compravendita l'effetto traslativo è determinato soltanto dal contratto definitivo, sicché la ricorrenza dei requisiti di forma e sostanza necessari ai fini della validità del contratto traslativo non possono che fare riferimento alla legge vigente al momento della stipula di questo, la sopravvenienza, rispetto al momento di formazione del preliminare, della disposizione di cui all'art. 18, comma 2, l. 28 febbraio 1985 n. 47, con cui il legislatore aveva allora sancito il divieto di lottizzazione abusiva, opera non come causa di nullità del contratto preliminare bensì come impossibilità oggettiva di concludere il contratto definitivo, e precludendo la stipulazione di questo, è ugualmente di impedimento all'emissione della sentenza costitutiva ai sensi dell'art. 2932 c.c., che allo stesso si sostituisce (sentenza 21/2/2008 n. 4522);
- la sentenza che dispone l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di contrarre, ex art. 2932 c.c., produce i propri effetti solo dal momento del passaggio in giudicato; ne consegue che, quando detta sentenza abbia subordinato l'effetto traslativo al pagamento del residuo prezzo, l'obbligo di pagamento in capo al promissario acquirente non diventa attuale prima dell'irretrattabilità della pronuncia giudiziale, essendo tale pagamento la prestazione corrispettiva destinata ad attuare il sinallagma contrattuale (sentenza 6/4/2009 n. 8250);
- in tema di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare, l'art. 2932 c.c...
... continua