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QUESITO N. 356: Se, nei confronti degli eredi della donataria, è valida la condizione con cui la donante, nell’atto di donazione, stabilisce che in caso di vendita dell’immobile da parte della donataria dovranno essere preferiti i germani (ancora viventi)
Quesito n. 356: Se, nei confronti degli eredi della donataria, è valida la condizione con cui la donante, nell’atto di donazione, stabilisce che in caso di vendita dell’immobile da parte della donataria dovranno essere preferiti i germani (ancora viventi) per il prezzo fatto noto da un perito scelto di comune accordo.-

La donazione è definita dall’art. 769 del codice civile come “il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l'altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa una obbligazione.” La stipulazione di una donazione richiede, sotto pena di  HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/Nullit%C3%A0_(diritto)" \o "Nullità (diritto)" nullità, e qualunque sia il bene oggetto della donazione, la forma dell' HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/Atto_pubblico" \o "Atto pubblico" atto pubblico. Inoltre è necessaria una espressa accettazione della stessa o contestuale alla donazione o successiva purchè nelle forme di atto pubblico.-
Trattasi di un contratto in cui, seppur in modo differente, risulta fondamentale l’apporto della volontà di entrambe le parti, come ogni atto di autonomia privata, le parti, nei limiti di quanto stabilito dalla legge, possono autoregolamentarne l’assetto secondo le necessità connesse al singolo atto di disposizione.-
Nel caso specifico che ci interessa, il donante, nella sua posizione di soggetto che dispone dei propri beni, può se lo ritiene necessario sceglierne il contenuto anche a seconda delle finalità che con lo stesso intende perseguire.-
In particolare è possibile che il donante apponga una condizione o un termine al contratto di donazione o che ancora, sottoponga l’atto di liberalità ad un ‘modo’ cioè un onere, una prestazione, di fare o non fare ad opera del donatario.-
Si tratta dei cd. elementi accidentali al contratto di cui tipicamente le parti di solito si servono per regolare reciprocamente le obbligazioni derivanti da un contratto.-
In quanto atto di autonomia privata si ritiene di poter estendere anche a tale atto di liberalità la possibilità per le parti di apporre allo stesso ulteriori clausole per la regolamentazione del rapporto.-
Il caso che ci occupa si riferisce proprio alla volontà esternata dalla donante nell’atto di liberalità di inserire una sorta di vincolo alle future determinazioni del donatario.-
In particolare il donante, come risulta dall’atto di donazione, ha per inciso espresso la volontà che qualora il donatario avesse deciso di mettere in vendita il bene oggetto dell’atto di liberalità lo stesso avrebbe dovuto preferire i propri germani.-
Si tratta evidentemente di una sorta di “prelazione convenzionale” statuita a favore di tali germani e posta a carico del soggetto donatario il quale accettando la donazione ha automaticamente esternato la volontà di confermarne integralmente il contenuto con ciò sottoponendosi a tale vincolo in primis nei confronti del proprio donante ma principalmente nei confronti dei prelazionari (e perciò definibile promittente) in caso si fosse determinato ad alienare l’immobile.-
Il problema però che si pone riguarda la natura di tale clausola di prelazione annessa al contratto di donazione in quanto trattasi di una figura elaborata dalla prassi negoziale che abbisogna, pertanto, di sistemazione ai fini della soluzione di eventuali problematiche connesse al suo atteggiarsi.-
In particolare la giurisprudenza della Cassazione ha affermato confrontando la prelazione convenzionale con quella legale, che “altro è la prelazione legale, imposta di imperio dalla legge a tutela di un contraente ritenuto debole, altro è la prelazione volontaria, concessa tramite un libero accordo, ove il promittente volontariamente si assoggetta al vincolo e liberamente può definire il contenuto e i limiti nei termini per sé più convenienti” (Cfr. Cass. Civ. 19928 del 2008). Proprio in funzione di tale definizione ormai accreditata anche dalla dottrina dominante si ritiene che sia da escludere la possibilità di applicare gli schemi previsti in tema di prelazione legale alla prelazione convenzionale.-
Peraltro la stessa Cassazione ha altresì affermato che : “La prelazione convenzionale non ha natura reale, ma obbligatoria e, non essendo riconducibile alla promessa di stipulare, non è suscettibile di esecuzione coattiva anche nei confronti del promittente. Pertanto, essendo efficace e vincolante per i soli contraenti e non anche per i terzi estranei, l'acquisto di questi ultimi dal promittente, inadempiente al relativo patto, non è soggetto a caducazione a seguito della pretesa di riscatto esercitata dal promissario della prelazione, che è titolare solo dell'azione personale risarcitoria nei confronti dell'inadempiente.-“ (Cfr. Cass. Civ. 10435 del 2002) e ancora : “Il patto di prelazione relativo alla vendita d'immobile non impegna il promittente a concludere il contratto, ma solo a preferire caeteris paribus il promissario se si deciderà a compierlo. Ne consegue che, in caso di inadempimento del promittente, il patto di prelazione ne comporta unicamente la responsabilità per danni non essendo suscettibile di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. in quanto il bene oggetto della pattuita prelazione non può essere nè trasferito al promissario dal disponente che lo ha oramai alienato, nè restituito dal terzo acquirente che non è soggetto al riscatto, pre...

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