Mediazione: se spetta la provvigione nel caso di contratto nullo.-
Mediazione: se spetta la provvigione nel caso di contratto nullo
La Corte di Cassazione ha affermato che per affare compiuto deve intendersi un atto da cui è scaturito un vincolo giuridico tra le parti messe in relazione per effetto dell'attività intermediatrice, che consenta loro di agire per l'esecuzione di esso. Dunque l'affare può ritenersi concluso allorché il negozio sia stipulato in modo giuridicamente idoneo a conseguire il risultato utile perseguito dalle parti perché solo in tale momento si realizza la funzione della mediazione, e perciò è soltanto da tale momento che il mediatore può far valere il diritto alla provvigione (art. 2935 c.c.), salvo che il mediatore provi la frode dei soggetti messi in relazione per escludere il suo diritto.-
Ne deriva, viceversa, che la conclusione non è ravvisabile se l'affare è giuridicamente nullo ab origine, come nel caso difetti la forma essenziale per la sua esistenza (art. 1350 c.c.), mentre invece le vicende successive alla costituzione del vincolo negoziale sono irrilevanti per il mediatore, come è argomentabile dall'art. 1757 c.c.-
Quindi, riaffermata la necessità che il vincolo giuridico tra i soggetti intermediati si sia costituito perché sorga il diritto del mediatore alla provvigione, la prova dell'esistenza giuridica di esso può esser fornita dal mediatore con qualsiasi mezzo, anche presuntivo, essendo egli terzo rispetto al contratto concluso per effetto della sua attività.-
La decisione va condivisa. Si segnalano in senso conforme Cass., 19 luglio 2002 n. 10553, in Giust. civ. Mass., 2002, 1283; Pret. Catania, 7 marzo 1987, in Giur. merito, 1988, 1036, secondo cui nel caso di compravendita immobiliare non conclusa per atto pubblico o per scrittura privata deve negarsi la provvigione al mediatore, perché il negozio non è venuto ad esistenza giuridica per mancanza della forma prescritta a pena di nullità dell'art. 1350 c.c.; Pret. Catania, 7 marzo 1987, in Giur. merito, 1988, 1036.-
Il principio che si applica è il seguente: un negozio nullo, non essendo suscettibile di giuridico adempimento, non vale ad integrare gli estremi della conclusione del contratto e non dà quindi diritto alla provvigione.-
La nullità del contratto intermediato, dipendente da vizi intrinseci ed originari dell'affare, è direttamente e immediatamente opponibile al mediatore, anche perché tali vizi ben potevano essere esclusi dall'opera attenta e responsabile dello stesso mediatore, a norma dell'art. 1759 c.c. (App. Torino, 12 dicembre 1986, in Foro pad., 1987, I, 244).
Non può, invece, negarsi al mediatore il diritto al compenso per nullità del contratto concluso per suo tramite, se tale nullità non sia stata dichiarata nei confronti della parte che intende rifiutargli la provvigione, poiché, fino a quando il vizio del contratto principale non venga dichiarato e resti latente, le parti potrebbero dare esecuzione al contratto e non potrebbero ovviamente invocare la nullità del medesimo al solo fine di defraudare chi si intromise per la sua conclusione, dato che il contratto di mediazione è legato all'altro da un rapporto di accessorietà (App. Venezia, 7 dicembre 1956).-
Si è inoltre affermato che l'art. 1757 stabilisce il principio che il diritto alla provvigione è insensibile alle conseguenze non solo della condizione risolutiva, ma anche dell'annullamento e della rescissione del contratto, ove l'intermediario non abbia avuto conoscenza della causa di invalidità o di inefficacia del medesimo al momento della conclusione. In applicazione di tale principio la giurisprudenza ha ritenuto che, una volta concluso l'affare, nessuna rilevanza presenta la circostanza che esso risulti successivamente viziato, quando i vizi non siano stati conosciuti dall'intermediario e questi non sia stato incaricato di eseguire controlli o di prestare consulenza o assistenza (Pret. Messina, 30 luglio 1960, in Giur sic., 1960 977; Cass., 27 aprile 1973 n. 1160, in Foro pad., 1973, I 277. Cfr Cass., 24 maggio 2002 n. 7630).-
Le azioni di ripetizione di indebito basate sulla nullità, annullabilità, risoluzione, ecc. dei contratti che abbiano dato luogo alle prestazioni da restituirsi, sono da considerare non azioni reali (per le quali sia applicabile il forum rei sitae), ma di carattere personale, in quanto basate sull'obbligazione di restituzione conseguente alla richiesta eliminazione del rapporto obbligatorio in base al quale il bene è stato consegnato, con conseguente applicazione sia dei criteri degli artt. 18 e 19 c.p.c., sia di quelli dell'art. 20 c.p.c. Pertanto, qualora si chieda l'accertamento della nullità del contratto di mediazione e l'inesistenza, in capo al mediatore, del diritto a percepire la provvigione (con conseguente condanna dello stesso a restituire la somma ricevuta a tale titolo) occorre far riferimento, in via alternativa, o al luogo in cui è stato concluso il contratto di mediazione o a quello in cui avrebbe dovuto essere adempiuto l'obbligo di pagare la provvigione stessa (se dovuta). In tal senso Cass., 22 maggio 2002 n. 7507, in Giust. civ. Mass., 2002, 902.-
Nell'esaminare la questione la giurisprudenza si è così ulteriormente pronunciata:
a) Il diritto del mediatore alla provvigione, che al medesimo spetta anche quando le parti da lui messe in contatto abbiano concluso un contratto preliminare di compravendita, può rimanere escluso, ai sensi dell'art. 1757, comma 3, c.c., in presenza di vizi tali da impedire la definitiva attuazione dell'affare (Cass., 10 maggio 2002 n. 6731, in Giust. civ. Mass., 2002, 905; nel caso, trattandosi di contratto preliminare di compravendita di bene immobile costruito in parziale difformità dal progetto inizialmente approvato, la S.C. ha tuttavia escluso che tale ipotesi ricorra in presenza di vizi sanabili, come accertato dal giudice del merito, ex art. 13 l. n. 47 del 1985).-
b) Nell'ipotesi di contratto preliminare di compravendita annullabile (nel caso, per essere stato stipulato dall'esercente la potestà anche in nome e per conto del figlio minore senza la necessaria autorizzazione del giudice tutelare ex art. 320, comma 3, c.c.) il mediatore non ha diritto, ai sensi dell'art. 1757 c.c. alla provvigione, non rilevando, in contrario, che il genitore si fosse impegnato a chiedere l'autorizzazione giudiziale, giacché tale circostanza è inidonea a rimuovere il detto connotato di invalidità, e che il preliminare in questione sia stato erroneamente ricondotto al diverso schema del contratto sottoposto alla condizione sospensiva del successivo intervento dell'autorizzazione, in quanto al riguardo assume rilievo esclusivamente la circostanza che, in un giudizio promosso per la sua esecuzione, sia stata ad esso viceversa negata efficacia tra le parti (Cass., 15 maggio 2002 n. 7067).-
c) Anche un contratto preliminare di cosa altrui deve essere considerato atto conclusivo dell'affare, in quanto tale tipo di contratto non è né nullo né annullabile, importando solo l'obbligo a carico del venditore di acquistare dal proprietario il bene per trasmetterlo al compratore che ne diventa proprietario nel momento in cui il venditore ne consegue la proprietà (Cass., 18 maggio 2001 n. 6827, in Danno e resp., 2001, 800, con nota di V. CARBONE).-
d) In caso di incarico di promuovere la vendita di un immobile, è valida, quale pattuizione atipica meritevole di tutela ai sensi dell'art. 1322 c.c., la clausola contrattuale con la quale si stabilisce il diritto dell'incaricato all...
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