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QUESITO N. 373: Se l’acquirente di un immobile danneggiato dal terremoto può obbligare gli altri condomini ai lavori condominiali di riparazione iniziati con i benefici della legge 219/81 ( legge terremoto) e non ultimati per insufficienza dei
Quesito n. 373: Se l’acquirente di un immobile danneggiato dal terremoto può obbligare gli altri condomini ai lavori condominiali di riparazione iniziati con i benefici della legge 219/81 ( legge terremoto) e non ultimati per insufficienza dei contributi erogati.
Qual è la maggioranza richiesta per la deliberazione assembleare avente ad oggetto il proseguimento e l’ultimazione dei lavori di riparazione ai sensi e per gli effetti della legge 219/81.

Il regime del condominio negli edifici - inteso come diritto e come organizzazione - si istaura per legge nel fabbricato, nel quale esistono più piani o porzioni di piano, che appartengono in proprietà esclusiva a persone diverse, ai quali dalla relazione di accessorietà è legato un certo numero di cose, impianti e servizi comuni. Il condominio si costituisce (ex lege) non appena, per qualsivoglia fatto traslativo, i piani o le porzioni di piano del fabbricato vengono ad appartenere a soggetti differenti (Cass. Civ. S.U. Sent. n. 2046/06)
Quindi, si ha condominio nel caso in cui accanto alla proprietà esclusiva di parti distinte di un medesimo fabbricato vi sono alcune parti dell'edificio, strutturalmente e funzionalmente connesse al complesso delle singole unità immobiliari, che appartengono in comunione pro indiviso a tutti i comproprietari (artt. 1117 e ss. c.c.) (Alpa-Garofoli, Manuale di diritto civile, Nel Diritto 2009).
In definitiva, l'esistenza del condominio e l'applicabilità delle norme in materia non dipende dal numero delle persone, che ad esso partecipano: d'altra parte, nessuna norma prevede che le disposizioni dettate per il condominio negli edifici richiedono un numero minimo di condomini. Per la verità, le due sole norme concernenti il numero dei partecipanti riguardano la nomina dell'amministratore ed il regolamento di condominio (L'art. 1129 cod. civ. fissa l'obbligatorietà della nomina dell'amministratore quando i condomini sono più di quattro; l'art. 1138 prevede che il regolamento di condominio debba essere approvato dall'assemblea quando il numero dei condomini è superiore a dieci).
Se non risulta diversamente nel titolo, i beni comuni sono quelli elencati nell'art. 1117 c.c., ma l'indicazione non è tassativa: sono di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i tetti, il lastrico solare, le scale e in genere le parti dell'edificio necessarie per l'uso comune, oppure i locali della portineria, l'alloggio del portiere e comunque i locali che sono strumentali o all'esistenza delle parti comuni, o all'uso delle parti comuni o al miglior godimento delle parti comuni.
Questi ultimi, salvo diversa previsione contenuta nel titolo, appartengono ai singoli condomini pro quota (solitamente espressa in millesimi) in proporzione al valore delle parti dell'immobile di cui essi sono proprietari esclusivi: si parla di comunione forzosa in quanto non può essere soggetta a scioglimento, salvo l'ipotesi prevista dall'art. 1119 c.c. .
Quanto all’uso delle cose comuni, in assenza di un'apposita disposizione, deve ritenersi regolato dall'art. 1102 c.c.. sull'uso dei beni in comunione, in virtù del generale rinvio stabilito dall'art. 1139 c.c. (Cass., 19 novembre 1962, n. 3146). Eventuali modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa, sono poi consentite espressamente dall'art. 1122 c.c., salvo il limite di non arrecare danno al bene stesso. Per quanto concerne poi le innovazioni, invece, esiste la disciplina dettata dall'art. 1120 c.c., che ne distingue due generi. Le prime, vietate, sono espressamente individuate in quelle che possono arrecare pregiudizio alla stabilità o sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o rendano parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino; le altre, destinate al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento dei beni comuni, sono invece consentite se deliberate dall'assemblea con la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136, comma 5, c.c. . Deve specificarsi che per le innovazioni gravose o voluttuarie, ove riguardino beni oggetto di possibile uso separato, i condomini che non intendono trarne vantaggio vengono esentati dal relativo esborso (salvo l’obbligo di contribuire in caso di successiva utilizzazione così come previsto dall’art. 1121 c.c.); ove tale separato uso non sia possibile, l'innovazione non è consentita, a meno che i condomini interessati non intendano sopportarne integralmente la spesa.
L'obbligo del pagamento dei contributi condominiali "per la conservatone e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza'' (art. 1123 c.c.) costituisce obbligazione propter rem, gravante su ogni condomino in proporzione al valore della sua proprietà individuale (salvo il caso di differente utilizzazione della cosa per il quale il 2° comma della disposizione prevede la ripartizione delle spese in base all'uso della cosa). Ciò significa che la spesa si trasferisce con il trasferimento della proprietà individuale ed è caratterizzata dalla solidarietà sia tra comproprietari, sia tra acquirente e venditore (con il limite delle spese relative all'anno in corso e a quello precedente all'atto di alienazione).
A tal punto è necessario precisare la disciplina relativa alla ricostruzione e riparazione di edifici colpiti dal sisma del 1980.
Deve premettersi che nessuna norma contempla l'impossibilità, logica e tecnica, che le decisioni vengano assunte con un criterio diverso da quello maggioritario, e che la legge speciale 14 maggio 1981, n. 219 non deroga affatto alle disposizioni del codice civile in materia di condominio, anzi al contrario, all’...

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