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Mediatore non iscritto al ruolo: ha diritto al compenso?
Mediatore non iscritto al ruolo: ha diritto al compenso?
 
Il mediatore non iscritto nei ruoli degli agenti di affari in mediazione, che, ai sensi dell'art. 6 della legge 3 febbraio 1989, n. 39 non ha diritto alla provvigione, non può pretendere alcun compenso neppure con l'azione generale di arricchimento senza causa, atteso che l'art. 8 della stessa legge - secondo cui il mediatore non iscritto è tenuto a restituire alle parti contraenti le provvigioni percepite - comporta l'esclusione, di ogni possibilità di conseguire un compenso per l'attività di mediazione svolta da soggetto non iscritto
 
 
Cassazione, sez. III, 10 maggio 2011, n. 10205
(Pres. Morelli – Rel. Carluccio)
 
 
Ragioni di fatto e di diritto
1. La M.T.A. srl Management & Business, dopo aver ricevuto da E.M. , proprietario dell'intero pacchetto azionario di una società, l'incarico volto alla ricerca di un acquirente per il suddetto pacchetto, chiedeva la collaborazione della CO.I.MI. srl, con la quale stabiliva degli accordi in ordine alla ripartizione delle eventuali provvigioni maturate in caso di conclusione dell'affare.
Concluso l'affare, l'E. versava alla M.T.A. circa 1 miliardo e 250 milioni di lire. La CO.I.MI. riceveva dall'acquirente circa 190 milioni di lire a titolo di provvigione.
Il Tribunale di Milano, adito dalla CO.I.MI. - che aveva agito nei confronti della M.T.A. per il rispetto degli accordi intercorsi in ordine alla divisione delle provvigioni e, alternativamente, per ottenere la provvigione dall'E. , nell'ipotesi di accertamento che la M.T.A. non ne aveva diritto non essendo iscritta nel ruolo dei mediatori - condannava la M.T.A. al pagamento a favore della CO.I.MI. di circa 535 milioni di lire e alla restituzione di circa 725 milioni di lire all'E. .
2. La Corte di appello di Milano, nel contraddittorio di tutte le parti, rigettava l'impugnazione proposta dalla M.T.A. (sentenza del 25 febbraio 2006).
La Corte di merito:
- anche analizzando le scritture (dell'ottobre del 1999 e del maggio 2000) che regolavano il rapporto tra la M.T.A. e l'E. , qualificava “mediazione” l'attività svolta dalla M.T.A. ed escludeva il contratto atipico di procacciamento d'affari;
- rilevata la pacifica mancanza di iscrizione della M.T.A. nel ruolo dei mediatori, e la mancanza del diritto a chiedere e ricevere la provvigione, ne ricavava l'obbligo di restituire quanto percepito;
- rigettava il motivo di appello subordinato, volto alla disapplicazione degli artt. 3 e 6 della legge 3 febbraio 1989, n. 39, per contrasto con la direttiva del Consiglio (CEE) n. 653/1986 del 18 dicembre 1986, o alla rimessione pregiudiziale alla Corte di Giustizia, sostenendo che la suddetta direttiva si riferisce alla figura professionale dell'agente di commercio e non contiene alcuna previsione per il rapporto di mediazione e per il contratto di mandato;
- rigettava il motivo di appello volto alla conversione ex art. 1424 cod. civ. del contratto di mediazione (nullo per violazione di norma imperativa) in contratto di procacciamento di affari, sostenendo che dalla mancata iscrizione all'albo dei mediatori non deriva la nullità, ma solo la non insorgenza del diritto alla provvigione (Cass. 27 giugno 2002. n. 9380);
- rigettava il motivo di appello volto a sostenere il diritto della M.T.A. di trattenere quanto spontaneamente corrisposto dall'Epifani a titolo di obbligazione naturale o di arricchimento senza causa, sostenendo che, essendo il mediatore non iscritto tenuto a restituire il compenso percepito (art. 8 l. n. 39 del 1989) è esclusa ogni possibilità di conseguire un compenso.
3. Avverso la suddetta sentenza ha presentato ricorso per cassazione la M.T.A. srl con quattro motivi.
Hanno resistito con controricorso l'E. , che ha depositato memoria, e la COIMI.
4. Con il primo motivo, la ricorrente sostiene l'incompatibilità con il diritto comunitario (divieto di discriminazione in ragione della nazionalità, libertà di stabilimento e della libera prestazione di servizi, artt. 12, 43 e 49 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (ex artt. 153 paragrafo 2, 37, 43 e 201 del Trattato CE) delle disposizioni della I, n. 39 del 1989 (artt. 2, 3, 6 e 8) nella parte in cui riservano ai soli iscritti al ruolo degli agenti di mediazione lo svolgimento di ogni attività di mediazione, anche se riferita a rapporti tra imprenditori, e prevedono la inesigibilità della provvigione in caso di mancanza di iscrizione.
Chiede, in via gradata: la disapplicazione delle suddette norme; la rimessione pregiudiziale alla Corte di Giustizia ex art. 234 TFUE (ex art. 201 TCE).
In particolare, la ricorrente sostiene che, al di là della riferibilità della direttiva del Consiglio (CEE) n. 653/1986 ai soli agenti di commercio (come ritenuto dalla sentenza impugnata), il contrasto con il trattato emergerebbe: dal disfavore dell'ordinamento comunitario per gli albi professionali - da valutare con particolare rigore quando non si tratta di professioni intellettuali - secondo la giurisprudenza e la politica legislativa (direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio (CE) n. 36/2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, per la quale disposizioni restrittive sono compatibili se rispondenti a interesse generale e ferma la proporzione); dal particolare rigore all'accesso rispetto alla natura dell'attività che non richiede particolari prestazioni intellettuali; dalla sproporzione se si considera la mediazione tra imprenditori, stante l'originaria finalità di tutela del consumatore).
4.1. Il motivo va rigettato.
Le disposizioni della l. n. 39 del 1989 (artt. 2, 3, 6 e 8), che riservano ai soli iscritti al ruolo degli agenti di mediazione lo svolgimento di ogni attività di mediazione e prevedono la inesigibilità della provvigione in caso di mancanza di iscrizione, non contrastano con il diritto comunitario.
Va in primo luogo precisato che, il profilo della discriminazione in ragione della nazionalità, sia pure inizialmente prospettato dalla ricorrente, non è stato poi coltivato nelle argomentazioni, restando mera petizione generica.
4.1.1. Quanto al contrasto della disciplina suddetta rispetto al principio della libertà di stabilimento e della libera prestazione di servizi, la Corte si è già pronunciata espressamente nel senso di negarlo in riferimento alla direttiva del Consiglio (CEE) n. 653/1986, essendo la stessa riferita ai soli agenti di commercio. Si è, infatti, ritenuto che “La previsione del rifiuto di ogni tutela al mediatore non iscritto nel ruolo - secondo quanto stabilito dalla legge statale 3 febbraio 1989, n. 39 - non contrasta con la direttiva 86/653/CEE, relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti, giacché tale direttiva - che osta ad una normativa nazionale che subordini la validità di un contratto di agenzia all'iscrizione dell'agente di commercio in apposito albo - non si rivolge al mediatore, il quale agisce in posizione di terzietà rispetto ai contraenti posti in contatto, a tale stregua differenziandosi dall'agente di commercio, che attua invece una collaborazione abituale e professionale con altro imprenditore”. (Cass. 5 giugno 2007, n. 13184; ribadito da Cass. 30 ottobre 2007, n. 22859 e da Cass. 26 marzo 2009, n. 7332).
Del resto, di tanto sembra consapevole la stessa ricorrente, che pone l'accento sulla circostanza che si tratterebbe, nella specie, di mediatore
"tra imprenditori". Tale profilo non è esaminabile dalla Corte, innanzitutto perché privo di dignità normativa nell'ordinamento; poi, perché non è mai emerso nel giudizio di merito rispetto alla fattispecie in esame.
4.1.2. Peraltro, a fronte di specifiche pronunce della Corte di Giustizia, concernenti l'attività di mediazione, per gli affari immobiliari, la ricorrente deduce il generico disfavore dell'ordinamento comunitario rispetto alla previsione di albi nazionali.
Infatti, occupandosi della direttiva 67/43/CEE, relativa all'attuazione della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi per le attività autonome attinenti: 1) al settore "Affari immobiliari (escluso il 6401)" (Gruppo ex 640 CITI), 2) al settore di taluni "Servizi forniti alle imprese non classificati altrove" (Gruppo 839 CITI), la Corte di Giustizia ha ritenuto che tale direttiva non osta ad una disciplina nazionale che riservi l'esercizio di determinate attività nel settore degli affari immobiliari a soggetti legalmente abilitati all'esercizio dell'attività di agente immobiliare (Sentenza del 28 gennaio 1992, in cause riunite C-330/90 d C-331/90, Sentenza del 25 giugno 1992, in C-147/91).
Invece, secondo la stessa prospettazione della ricorrente, che pure deduce il generico disfavore dell'ordinamento comunitario per gli albi professionali, la stessa direttiva 2005/36/ CE, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, ritiene compatibili disposizioni restrittive se rispondenti a interesse generale e proporzionate.
In sostanza, lo stesso ricorso riconosce la non sussistenza di un contrasto diretto con il diritto comunitario.
D'altro canto, il legislatore comunitario, che recentemente si è occupato della materia dei servizi nel mercato interno (direttiva del Parlamento Europeo e del Con...

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