QUESITO N. 395: Se in caso di vendita di un fondo agricolo, occupato di fatto (cioè senza atto scritto) da un colono ma con più confinanti coltivatori diritti tutti invitati alla prelazione, esistono dei criteri per stabilire a chi di essi spetti il
Quesito n. 395: Se in caso di vendita di un fondo agricolo, occupato di fatto (cioè senza atto scritto) da un colono ma con più confinanti coltivatori diritti tutti invitati alla prelazione, esistono dei criteri per stabilire a chi di essi spetti il diritto di prelazione qualora tale diritto sia esercitato da più confinanti.
La prelazione agraria si configura come un particolare istituto del diritto agrario, caratterizzante il regime della circolazione giuridica dei fondi rustici, inizialmente costituito dalla prelazione accordata, dall' art. 8 della L. 26.5.1965, n. 590, al coltivatore diretto concessionario del fondo offerto in vendita, a cui si è aggiunta quella attribuita, dall' art. 7 della L. 14.8.1971, n. 817, al proprietario di fondo confinante con quello offerto in vendita. Al comma 3 dell’art. 8 della L. 590/1965 si rinviene, altresì, il diritto preferenziale, conferito ai componenti la famiglia coltivatrice, per il caso di vendita di quota di comproprietà del fondo da parte di altro componente. La prelazione del conduttore del fondo e quella del proprietario confinante sono state estese dall’art. 16, comma 5 della l. 817/1971 alle cooperative agricole mentre, da ultimo, l’art. 2, comma 3, del d.lg. 29.3.2004, n. 99 ne ha attribuito l’esercizio anche alle società agricole di persone.
La fattispecie prelazionale del conduttore del fondo offerto in vendita, si caratterizza per la finalità della costituzione di nuova proprietà coltivatrice, attraverso la trasformazione dell’impresa coltivatrice già costituita su fondo altrui in impresa costituita su fondo proprio, ciò operando in stretta connessione con il contratto agrario, che rappresenta l'elemento dominante nella disposizione attributiva. Il contratto di concessione, che tipicamente rappresenta lo strumento di mediazione tra proprietà terriera e impresa in agricoltura, si trasforma così, tramite la prelazione, da mero titolo per l'insediamento a titolo per l'acquisto della stessa proprietà del fondo, nella prospettiva di un superamento della contrapposizione tra la posizione dominicale e quella di chi alla coltivazione dedica la propria iniziativa economica congiunta alla personale attività lavorativa, che il contratto di per sé solo tenderebbe invece a perpetuare.
Il diritto conferito dall' art. 7 della L. 14 agosto 1971, n. 817 al proprietario confinante supera, invece, i limiti della struttura produttiva così come esistente, tendendo a realizzare un accorpamento del fondo offerto in vendita con quello già in proprietà del titolare della prelazione, perseguendo, così, l’espansione di aziende già in proprietà diretto coltivatrice e contemporaneamente una ricomposizione fondiaria spontanea.
La terza delle fattispecie in esame (prevista dal comma 3 dell'art. 8, L. 590/1965) risponde a un disegno più particolare, avendo fondamento nell'impresa familiare e mirando alla conservazione della proprietà del fondo nella titolarità dei partecipanti all'impresa medesima. Ma l’istituto assume una prospettiva e una dimensione ben più significative se viene considerato nell’insieme delle varie ipotesi prelazionali, in quanto concretizza un regime di circolazione giuridica dei fondi rustici, caratterizzato dal fatto che l’acquisto, tramite la regola della preferenza, viene a risultare tendenzialmente riservato a chi (attraverso un criterio di localizzazione, più o meno intensa, rispetto al fondo) già sia dedito alla coltivazione della terra, specificamente sia coltivatore diretto, e tende, attraverso un controllo dell’accesso alla proprietà e con un realizzarsi virtualmente costante della sua azione, a promuovere la formazione della proprietà coltivatrice. In questa sua collocazione nell’ambito degli strumenti di organizzazione dei diritti sulle cose, si è richiamato per la prelazione il concetto di ius ad rem, divenendo essa parte integrante dello statuto delle categorie di beni che alla medesima sono interessate.
Secondo la giurisprudenza prevalente, la prelazione è istituto di ordine pubblico, da cui si deducono i corollari dell’inderogabilità della disciplina e dell’invalidità di una rinuncia al diritto attuata in via generale e astratta (che equivarrebbe appunto a una deroga alla disciplina normativa): l’organizzazione dei diritti sui beni è infatti tutta di ordine pubblico.
Secondo la L. n. 590/1965 titolari del diritto di prelazione sono anzitutto gli affittuari, [mezzadri, coloni e compartecipanti], coltivatori diretti del fondo offerto in vendita. Come detto, sempre l'art. 8 della L. 590/1965, al comma 3, attribuisce un diritto di prelazione anche ai componenti la famiglia coltivatrice, per il caso di vendita di quota del fondo da parte di uno fra loro. A questi originari soggetti l’art. 7 L. 817/1971 ha aggiunto i coltivatori diretti proprietari di fondi a confine con quello offerto in vendita (purché su quest’ultimo non siano insediati affittuari [mezzadri, coloni, compartecipanti] o enfiteuti coltivatori diretti).
Pertanto, alla luce del combinato disposto dell’ art. 8 della L. 26.5.1965, n. 590 con l’art. 7 L. 817/197 si evince che le condizioni necessarie affinché operi la prelazione del confinante possono così riassumersi:
sul piano oggettivo occorre la contiguità dei fondi (quello offerto in vendita e altro fondo contiguo);
sul piano soggettivo occorre che sul fondo contiguo sia insediato un proprietario coltivatore diretto;
sempre sul piano soggettivo, come elemento di esclusione, occorre che il proprietario del fondo contiguo coltivi il fondo di sua proprietà da almeno due anni;
infine, è richiesto che il fondo per il quale si intende esercitare il diritto di prelazione, in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in proprietà od enfiteusi, non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa della sua famiglia.
L’art. 16, sempre della l. 817/1971, ha poi esteso la prelazione, per entrambe le ipotesi di base, anche alle cooperative agricole di coltivatori diretti. Infine, l’art. 2 del D.lg. 29 marzo 2004, n. 99, attribuisce la prelazione anche alla società agricola di persone, qualora almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di coltivatore diretto, come risultante dall'iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese.
L’ elencazione particolareggiata dei contratti che si rinviene al comma 1 dell’art. 8, l. 590/1965 è anzitutto indice della volontà legislativa di attribuire il diritto non a chi di fatto, in un modo o nell'altro, abbia la disponibilità del fondo su cui è costituita l'impresa coltivatrice diretta, ma unicamente ad un insediamento qualificato da uno dei rapporti agrari specificati (di regola, da un contratto di affitto agrario). Ne consegue, che la prelazione non compete al comodatario e tantomeno al mero detentore che non abbia stipulato negozio alcuno; neppure al conduttore il cui contratto sia nullo; parallelamente, non spetta al conduttore il cui contratto sia già scaduto e ciò anche se questi sia materialmente ancora presente sul fondo. Il richiamo al contratto implica, poi, una relativizzazione della fattispecie costitutiva del diritto, così che il vincolo della prelazione potrà sussistere unicamente fra le parti del contratto medesimo.
Non può, pertanto, reclamare la preferenza (nei confronti, evidentemente, del proprietario) il subconcessionario, quantomeno prima del momento in cui si sia verificata la sua sostituzione nel contratto stipulato dal proprietario con il primo concedente (e ciò anche nell'ipotesi in cui il locatore si sia opposto alla subconcessione). Il diritto di prelazione, inoltre, non compete al concessionario del fondo (avente causa dall’usufruttuario) nei confronti del nudo proprietario (ma ne avrà diritto dopo la consolidazione).
Deve, altresì, trattarsi di affitto che abbia per oggetto fondi su cui si svolga attività di coltivazione, restando così esclusi, l’affitto di terreno pascolativo e quello di terreni boschivi, nonché i contratti di vendita di erbe (contratto di pascipascolo). La prelazione è stata negata anche per i contratti di compartecipazione limitata a singole coltivazioni stagionali e per le concessioni per coltivazioni intercalari, in quanto si tratta di rapporti agrari non stabili, ma che si riferiscono a brevi cicli produttivi rispetto a quelli che caratterizzano la principale destinazione del terreno.
La fattispecie di prelazione disciplinata dall' art. 7, comma 2, l. 817/1971, riguarda, invece, il coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti con i fondi offerti in vendita, a cui il diritto è conferito purché sui fondi medesimi non siano insediati affittuari [mezzadri, coloni, compartecipanti] o enfiteuti coltivatori diretti. Il diritto di prelazione del proprietario confinante, malgrado il legislatore lo abbia inteso come mera estensione soggettiva di quello già attribuito al conduttore del fondo («detto diritto di prelazione, con le modifiche previste nella presente legge, spetta anche...»), nel suo specifico si diversifica, però, da questo per fondamento e finalità.
Se infatti, da un lato, l'ispirazione di base anche di tale fattispecie è sempre il favor per l’impresa familiare, perseguito attraverso la creazione di un regime preferenziale nella circolazione dei terreni agricoli, ciò non toglie che mentre il diritto del conduttore trova la sua logica particolare nel contratto agrario e tende alla riunione in capo al coltivatore titolare dell'impresa anche della proprietà di quel medesimo fondo su cui già svolge la sua attività, il diritto del confinante invece, nella sua specificità, favorisce l'espansione di aziende già istituite su fondo in proprietà, perseguendo, attraverso l’accorpamento, l'ulteriore finalità di una ricomposizione fondiaria, che si realizza autonomamente nel momento della volontaria cessione di fondi.
Il diritto di prelazione del confinante si pone con la proprietà del fondo a confine in un rapporto meramente funzionale, nella prospettiva della realizzazione delle finalità precisate, e non anche in uno genetico, giacché la preferenza è conferita al proprietario non in quanto tale, bensì in quanto coltivatore diretto, titolare di un’azienda costituita su terreni propri e destinata ad espandersi con l’acquisto preferenziale di quelli viciniori.
Il criterio di attribuzione del diritto richiede alcune puntualizzazioni, anzitutto quanto al termine «terreni» usato dall' art. 7, comma 2, n. 2, della l. 817/1971, per individuare, attraverso la loro proprietà, il soggetto a cui è conferita la prelazione. Invero, con detto termine, ci si riferisce ad una superficie specificamente destinata a coltivazione e posta immediatamente a confine con il terreno offerto in vendita, che costituisca elemento dell’azienda del suo proprietario (destinata ad espandersi sull'appezzamento acquistato in preferenza).
Conseguentemente la prelazione deve ritenersi esclusa quando la superficie del confinante, per la sua particolare configurazione, non sia oggetto di attività di coltivazione, (ad es. perché abbia destinazione extragricola), e ciò anche se la parte immediatamente contigua al fondo posto in vendita faccia parte di un più vasto appezzamento per la rimanente parte agricolo (in quanto, però, la prima non sia ricollegata a quest’ultimo da vincolo pertinenziale).
Parimenti, la prelazione non compete quando l'area a confine con il fondo posto in vendita sia esclusivamente boschiva, ovvero quando sulla medesima inerisca una stalla per allevamento intensivo, non connesso a un’attività di coltivazione, ovvero siano presenti vasche per l’...
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