QUESITO N. 414:Se il conduttore di un'attività commerciale necessita dell'autorizzazione del condominio per poter avvelersi di una vetrina espositiva.
Quesito n. 414: Premesso che il conduttore di un locale commerciale al piano terra e primo piano di un fabbricato, che per lo svolgimento della propria attività ha la necessità di realizzare la vetrina espositiva sulla facciata esterna del locale commerciale e dello studio al primo piano:
si chiede: 1) se a prescindere dalle autorizzazioni comunali il conduttore necessita dell’autorizzazione del condominio; 2) se il condominio può chiedere un indennizzo; 3) se può rinunciare a tale indennizzo; 4) se tale autorizzazione può essere legata alla vigenza del contratto tenuto conto che tale fittuario ha autorizzazione alla sublocazione.
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Avuto riguardo al quesito così come posto ed articolato, giova fare alcune premesse.
La dottrina qualifica, già da tempo, le aree in oggetto, i muri perimetrali, quali parti comuni pro indiviso (Buttera) e perciò ricadenti nello ius possidendi di ciascun condomino.
L’art. 1102 c.c. (richiamato in tema di condominio negli edifici dall'art. 1139 cod. civ.) consente ad ogni condomino di servirsi dalla cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.
Il condomino, perciò, ha libertà di utilizzo delle parti comuni, libertà che trova, però, limite nel combinato disposto degli articoli 1120 e 1122 c.c.. Questi, il condomino, nell’apprestare modifiche alle parti che sono in condominio, deve: innanzitutto, non pregiudicare la stabilità del fabbricato ed il suo decoro architettonico (quest’ultimo da valutarsi con riferimento alle caratteristiche proprie dell’edificio, individualmente considerato); in secondo luogo, non può rendere la parte comune inservibile o meno fruibile, anche ad uno solo dei condomini.
Occorre, quindi, che gli altri partecipanti possano fare parimenti uso della cosa comune, secondo il loro diritto. La nozione di “pari uso” non deve essere, però, intesa nel senso di “uso identico o contemporaneo” ma nel senso di non pregiudicare un eventuale accrescimento del godimento del bene cui i restanti condomini hanno diritto.
Limite dell’art. 1102 c.c. è quindi il non ledere il diritto degli altri condomini, ciò rappresenta una molto probabile eco della teoria del diritto soggettivo, stigmatizzata dal Santoro Passarelli all’interno del suo celebre testo di diritto civile e che è stata assorbita sia dalla giurisprudenza di merito, che da quella di legittimità.
Risalente e costante giurisprudenza, infatti, pone quali limiti al diritto di “apertura” nei muri perimetrali il rispetto dei principi, normativi e dottrinali, sopra richiamati.
In particolare, si considera legittimo il comportamento del singolo condomino che, di propria iniziativa, pratichi varchi nei muri perimetrali del condominio per mettere in comunicazione la sua proprietà esclusiva con la strada o con il cortile condominiale (cfr. Cass. civ. 7402/86; n. 10704/94), o ancora per aprire finestre, vedute o vetrine (Cass. civ. n. 1554/97).
Inoltre, lo specifico argomento in esame, cioè l’apertura di una vetrina nel muro perimetrale del fabbricato, è stato già affrontato dalla Cassazione civile che così si è pronunciata: “ Per quanto riguarda in particolare il muro perimetrale comune di un edificio in condominio va considerato, che esso, accanto alla funzione primaria e fondamentale di sostegno dello stabile, ha anche quella accessoria e secondaria di appoggio di tubi, fili, condutture, targhe, insegne, ecc., per cui la sua utilizzazione per l'installazione di vetrine, mostre, insegne pubblicitarie è da ritenere senz'altro consentita se contenuta entro i suddetti limiti dell'art. 1102 cod. civ. Ne consegue che non costituisce una vera e propria servitù a carico della cosa comune, né può dar luogo ad usucapione, l'installazione da parte del condomino di una vetrina (o insegna pubblicitaria) nell'area del muro perimetrale (di facciata) corrispondente all'immobile di sua proprietà, rientrando tale utilizzazione nel normale uso del bene comune, pienamente legittimo se rispettoso dei menzionati limiti di cui al citato art. 1102 cod. civ.”. (Cass. civ. , 12/02/1998, n. 1499, sez. II)
È certo, quindi, che il richiamato art. 1102 c.c. conferisca il potere al condomino di apportare tutte le modifiche al bene comune che possano essere di vantaggio sia a lui ...
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