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QUESITO N. 433:Se in presenza di una richiesta scritta da parte di una Compagnia di Carabinieri ad ottenere offerte immobiliari di acquisto o di locazione di fabbricati utili a ospitare la caserma, l'incarciante sia tenuto al pagamento delle provvigioni.
QUESITO N. 433: Se in presenza di una richiesta scritta da parte di una Compagnia di Carabinieri ad ottenere offerte immobiliari di acquisto o di locazione di fabbricati utili a ospitare la caserma, in caso di conclusione dell’affare l’organo incaricante sia tenuto al pagamento delle competenze spettanti al mediatore immobiliare.


La problematica in esame non può che partire dall’analisi della norma di cui all’art . 1754 c.c. che definisce la figura di mediatore. La società immobiliare di cui sopra agisce infatti nelle vesti di mediatore immobiliare tra il venditore dell’immobile in fase di ultimazione e l’organo statale ( nel caso di specie una caserma dei Carabinieri).
Alla luce dell’ art. 1755 c.c.: “ Il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti,se l’affare è concluso per effetto del suo intervento”. Tuttavia il diritto del mediatore alla provvigione sorge tutte le volte in cui la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’attività intermediatrice: solo dimostrando che l’opera intermediatrice si è rivelata determinante al fini della conclusione dell’affare può giungersi alla configurazione,in capo al mediatore,del diritto alla provvigione. Il giudizio sul rapporto di causalità si effettua ex post,ad affare compiuto.
Dal momento che il contraente considerato (Arma dei Carabinieri) è da equipararsi ad un organo statale, in quanto dipendente dal Ministero della Difesa, è necessario focalizzare l’attenzione sui contratti della pubblica amministrazione e in particolare su cosa accade nel momento in cui la P.A. agisce iure privatorum.
All’art 1 bis l. 241/1990 si afferma che: “ La pubblica amministrazione, nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato, e salvo che la legge disponga diversamente”. In tal senso è chiaro che può trovare applicazione l’art. 1755 c.c. Il diritto alla provvigione del mediatore sorge quando la conclusione dell’affare ha avuto luogo per effetto di un concreto apporto causale all’attività da lui espletata, senza necessità del perdurante intervento dello stesso in tutte le fasi fino alla conclusione del contratto. Pertanto anche la semplice attività consistente nella segnalazione dell’affare o nel ritrovamento dell’altro contraente legittima il diritto alla provvigione,sempre che essa costituisca il risultato utile della ricerca fatta dal mediatore.
Per determinare la misura della provvigione,che consiste in una percentuale sull’importo dell’affare concluso,bisogna far riferimento al complessivo contenuto economico di quello, tenendo conto della gerarchia delle fonti stabilita dalla legge:qualora le parti non abbiano stabilito la misura di detta provvigione attraverso un accordo,questa è determinata in base alle tariffe professionali,o in mancanza agli usi,o dal giudice secondo equità.

Tornando al caso in esame, bisogna specificare che il mediatore ha diritto alla provvigione solo se l’incarico gli è stato conferito per iscritto dall’ente pubblico o da un suo rappresentante (per tutti i contratti della P.A. la forma scritta è requisito ad substantiam), altrimenti la provvigione sarà dovuta dall’altro contraente. A riguardo basti citare la sentenza della Corte d’Appello di Firenze, 8 marzo 2005 n. 505 (che conferma un orientamento già espresso nel 2004): “Il diritto del mediatore alla provvigione come disciplinato dall’art. 1755 c.c. non esclude la genesi contrattuale del medesimo e del correlato obbligo, in quanto la norma in questione si limita a prevedere una particolare modalità del sorgere del rapporto, che sul piano della formazione del consenso si discosta dallo schema classico consensualistico-bilateralistico del previo scambio di proposta ed accettazione, per la ragione che l’intervento fattivo (“conclusione dell’affare”) del mediatore produce obblighi bilaterali, paralizzabili soltanto dal dissenso manifestato dall’una o dall’altra parte (art. 1755 c.c.): ma una manifestazione del consenso della parte intermediata è pur sempre prevista nello schema astratto dell’istituto, sia essa nella forma preventiva dell’incarico ovvero, in un’ottica semplificatrice del procedimento di formazione del contratto di mediazione, nella accettazione successiva – anche per fatti concludenti – dell’operato del mediatore.
Posta la natura contrattuale della mediazione, ne discende che, se il contratto di mediazione interviene con un ente pubblico, assoggettato ai canoni dell’evidenza pubblica, non può prescindersi dal ricorso alla forma scritta ad substantiam per il conferimento dell’incarico e/o per la accett...

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