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QUESITO N. 445: Quali conseguenze per il patrimonio dell’unico erede di soggetto fallito e quali soluzioni per evitare eventuali pregiudizi.
 Quesito n. 445: Quali conseguenze per il patrimonio dell’unico erede di soggetto fallito e quali
soluzioni per evitare eventuali pregiudizi.

Il quesito in esame va a tangere tre istituti giuridici differenti, benché collegati nella fattispecie in esame: il regime dei beni acquisiti dal coniuge precedentemente al matrimonio, il fallimento (dal punto di vista del socio) e la successione mortis causa.
È bene, ai fini della risoluzione della vicenda, analizzare tali aspetti singolarmente e relazionarli con criterio logico.

Il regime dei beni acquisiti dal coniuge precedentemente al matrimonio.
Nel caso di specie, ci troviamo di fronte ad un immobile di proprietà della madre pervenuto alla stessa precedentemente al matrimonio.
Tale aspetto è disciplinato dal codice civile all’art. 179 1° comma lettera a) secondo cui non costituiscono oggetto della comunione e sono beni personali del coniuge i beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento.
Tale immobile, quindi, sarebbe da considerarsi proprietà esclusiva della (defunta) madre.

Successione mortis causa.
Fermo restando quanto detto sopra, punto nevralgico della questione è la successione mortis causa della figlia nel patrimonio (attivo e passivo) dei genitori.
Tralasciando il tipo di successione (testamentaria o legittima) e le eventuali disposizioni testamentarie o quote di legittima vale quanto segue.
Premettendo che l’art. 459 del codice civile stabilisce che l’eredità si acquista con l’accettazione (che può essere espressa o tacita), e questa ha affetto retroattivo dal momento nel quale si è aperta la successione (morte de cuius), nel caso di specie, data la concorrenza di un fallimento personale del de cuius, acquista rilevanza l’istituto dell’accettazione con beneficio d’inventario.
Dispone infatti l’art. 490 c.c. che l'effetto principale dell'accettazione beneficiata consiste nel tener distinto il patrimonio del defunto da quello dell'erede, con la conseguenza che questi: 1) conserva verso l'eredità tutti i diritti e tutti gli obblighi che aveva verso il defunto, tranne quelli che si sono estinti per effetto della morte, in tal modo potrà soddisfare i crediti che aveva nei confronti del defunto; 2) non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni a lui pervenuti;in tal modo l'erede eviterà una damnosa ereditas, estinguendo tutti i pesi che gravano sull'eredità solo con l'attivo dell'asse ereditario senza intaccare il suo patrimonio; 3) i creditori dell'eredità e i legatari potranno soddisfarsi sul patrimonio ereditario a preferenza (e quindi prima) dei creditori dell'erede.
Nella situazione prospettata abbiamo 2 (possibili) successioni: la successione del padre e della figlia nel patrimonio della madre (morta nel 2008), nel cui vi è l’immobile che interessa; la successione della figlia nel patrimonio del padre (morto nel 2012).
Quindi, nel caso in esame, possono aversi due ipotesi:
la prima, dove, a seguito dell’accettazione dell’eredità materna (decesso nel 2008), la proprietà del bene immobile in questione sarebbe dapprima passata dal patrimonio della madre (de cuius) a quello del marito e della figlia (eredi) per quote; successivamente poi, alla morte del padre nel 2012, in tale diritto di proprietà sarebbe succeduta unicamente e per l’intero la figlia;
può invece darsi che il bene immobile in oggetto non sia mai transitato nel patrimonio del padre poi morto nel 2012, o perché questi non abbia mai accettato l’eredità o per eventuali disposizioni testamentarie in tal senso.
Tale distinzione è rilevante per stabilire, come di seguito preciseremo, se ed in quale misura tale immobile sia aggredibile dai creditore del padre (defunto) fallito.

Il fallimento di una società di persone.
Data l’assenza di ulteriori informazioni a riguardo, nel caso che ci occupa ci troviamo, con tutta probabilità, dinanzi al fallimento di una società di persone (o di una s.r.l. a socio unico), e, di converso, del socio della stessa (in quanto nel caso di fallimento di società di capitali, rispondendo unicamente il patrimonio sociale, non avrebbe ragion d’essere lo stesso quesito).
Sul punto l’articolo 147 della Legge Fallimentare (D. Lgs. 12 settembre 2007, n. 169) dispone che la sentenza che dichiara il fallimento di una società, produce automaticamente anche il fallimento dei soci, pur se non persone fisiche, illimitatamente responsabili.
Bisogna però precisare che in ogni caso la responsabilità patrimoniale dei soci illi...

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