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Preliminare di vendita di bene (immobile) indiviso. Corte di Appello di Napoli 13 marzo 2012, n. 913.
Preliminare di vendita di be ne (immobile) indiviso
Corte di Appello di Napoli 13 marzo 2012, n. 913

Il contratto preliminare avente ad oggetto la vendita dell'intero immobile da parte del singolo comproprietario, il quale taccia al promittente acquirente la circostanza di poterne, in realtà, disporre solo per una quota, non è nullo, né inefficace.  E' quanto affermato dalla Corte di Appello di Napoli con sentenza 13 marzo 2012, n. 913 che ha ritenuto in tal caso il promittente venditore obbligato a procurarsi la proprietà del bene o della quota, o almeno il consenso alla vendita del proprietario o del comproprietario del bene, mentre l'ignaro compratore titolare della facoltà di chiedere la risoluzione del contratto, che, se in buona fede, può esercitare immediatamente, fatta salva l'ipotesi in cui il promittente venditore non abbia nel frattempo acquistato la proprietà o la comproprietà della cosa oggetto del contratto, o almeno si sia procurato il consenso alla vendita del proprietario della cosa o della quota. 
Per comprendere appieno la portata degli assunti contenuti nella sentenza della Corte partenopea è opportuno richiamare i principi giuridici che governano la materia e che sono stati elaborati dalla giurisprudenza in relazione alle diverse ipotesi di vendita di bene indiviso che si sono verificati in concreto.  Quando la proprietà di un bene spetta in comune a più soggetti trovano applicazione le norme di cui agli articoli 1100 e seguenti del codice civile dettate per la comunione. Nello specifico per comunione si intende il diritto di proprietà che spetta congiuntamente a più titolari per quote ideali, ovvero nel caso in cui le quote di partecipazione al bene indiviso non sono individuate queste si presumono uguali e il concorso dei partecipanti tanto nei vantaggi quanto nei pesi della comunione è in proporzione delle rispettive quote. 
La comunione può essere volontaria o incidentale secondo che sia costituita o no per volontà delle parti. Quindi la situazione giuridica di comproprietario può essere originata da diverse fattispecie quali ad esempio: 1) a seguito di eredità (si diventa comproprietario di un bene ereditario indiviso); 
2) di separazione o divorzio (gli ex coniugi nonostante lo scioglimento della comunione legale dei beni continuano ad essere entrambi comproprietari di beni acquistati in regime di comunione);  3) o ancora per acquisto di una quota di un bene indiviso. 
Tralasciando i diversi precetti normativi che il codice civile dedica alla comunione la norma che più interessa nell’aspetto trattato è l’articolo 1103 del codice civile il quale prevede che “ Ciascun partecipante può disporre del suo diritto e cedere ad altri il godimento della cosa nei limiti della sua quota ”. Perciò dalla disposizione normativa si desume che il compartecipe può alienare la propria quota o ipotecarla o ancora gravarla di un diritto reale di godimento (usufrutto, uso, abitazione ecc.) ma in nessun caso può vendere le quote degli altri partecipanti o l’intera proprietà della cosa comune. Principio ormai pacifico è che in caso di beni indivisi ogni comproprietario può liberamente, senza alcun condizionamento da parte degli altri comproprietari, vendere la propria quota. A norma dell’articolo 1103 del codice civile la vendita di quota di un  bene indiviso è ammissibile e valida, senza che gli altri comproprietari abbiano diritto di opporsi, e pertanto se in un contratto di vendita è indicato che il bene appartiene a più persone e solo alcune di esse lo sottoscrivono, non può negarsi a priori la validità della vendita delle singole quote. Ovviamente l’acquirente assumerà la qualità di nuovo comproprietario...

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