Il promissario acquirente non può ritirarsi se scopre successivamente che l'immobile presenta un lieve abuso edilizio facilmente sanabile!
Il promissario acquirente non può ritirarsi se scopre successivamente
che l'immobile presenta un lieve abuso edilizio facilmente sanabile.Cass., sez. II Civile, sentenza del 27 marzo 2013, n. 7759
Il promissario acquirente non può rifiutarsi di concludere l'acquisto chiedendo il doppio della caparra se si scopre successivamente alla stipula del preliminare di vendita che l'immobile presenta delle irregolarità edilizie di scarsa importanza e facilmente sanabili con una sanzione di limitata entità.Si legge nella sentenza:
Con atto di citazione del 1993 R.D.***., premesso di avere stipulato, assieme al padre RG***, in data. 17 luglio 1992, con B.A***. e B.R*** un contratto preliminare per l'acquisto di un immobile, versando dapprima una caparra confimatoria di lire 20.000.000 e poi un acconto di lire 80.000.000, e di avere successivamente scoperto che il muro perimetrale della cantina e dell'autorimessa erano stati modificati, tanto che lo stato del bene divergeva dalla planimetria catastale allegata al preliminare, convenne in giudizio dinanzi: al Tribunale di Cremona i promittenti venditori chiedendo che il bene, previa sua regolarizzazione, le fosse trasferito ai sensi dell'art. 2932 cod. civ. ovvero il contratto fosse dichiarato risolto per inadempimento dei convenuti, con loro condanna alla restituzione del doppio della caparra e dell'acconto versato. I B.*** si opposero alla domanda e, assumendo che la controparte si era rifiutata senza giustificato motivo di stipulare il contratto definitivo dinanzi al notaio, chiesero in via riconvenzionale che il contratto fosse risolto per inadempimento dell'attrice, con rifusione dei danni subiti. Intervenne in giudizio R.G***. che, in qualità di promissario acquirente del bene, fece proprie le domande avanzate dall'attrice. In corso di causa i convenuti, ottenuta la regolarizzazione amministrativa dell'immobile, lo vendettero a B.R***. e M.E.**** A seguito della richiesta di sequestro giudiziario del bene avanzato dagli attori intervenne in giudizio M.E****., eccependo la propria buona fede e la validità del proprio acquisto, atteso che la domanda di adempimento proposta dalla R. era stata trascritta, per errore, su un bene diverso. Esaurita l'istruttoria, il Tribunale accolse la domanda degli attori di risoluzione del contratto condanno i convenuti al pagamento del somma di euro 20.658,28, pari al doppio della caparra, e della ulteriore somma di euro 41.316, 55, oltre accessori, a titolo di restituzione dell'ulteriore acconto sul prezzo. Interposto gravame principale da parte dei B. ed incidentale da parte di M.E***., con sentenza n. 638 del l'l1 luglio 2006 la Corte di appello di Brescia confermò la sentenza impugnata, tranne che per la regolamentazione delle spese relative a M., di cui accolse l'appello incidentale. Per quanto qui ancora interessa., la Corte bresciana affermò che legittimamente i promissari acquirenti si erano rifiutati di addivenire alla stipula del contratto definitivo dinanzi al notaio, attesa che l'irregolarità edilizia del bene, peraltro negata in tale sede dalla controparte, lo rendeva difforme da quello indicato nel preliminare, a nulla rilevando che tale abuso fosse di modesta entità e fosse stato successivamente regolarizzato con una semplice autorizzazione in sanatoria mediante il pagamento di una sanzione di lire 500.000, atteso che essi non potevano conoscere in anticipo l'esito della relativa pratica amministrativa, peraltro attivata dai promittenti venditori solo successivamente al fallimento della trattativa, aggiungendo che la successiva vendita del bene a terzi aveva reso impossibile il trasferimento in loro favore dell'immobile. Per la cassazione di questa decisione, con atto notificato il 31 gennaio 2007, ricorrono B.A****. e B.R.****,
affidandosi a quattro motivi. Resistono con controricorso R.D.**** e R.G.****, mentre M.E.**** non ha svolto attività difensiva. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 26 e 40 della legge n. 47 del 1985, censurando l'affermazione della sentenza impugnata che, attesa la difformità dei bene, ha ritenuto legittimo il rifiuto dei promissari acquirenti alla stipula del contratto definitivo non potendo essi conoscere in anticipo l'agevole sanabilità in via amministrativa dell'abuso, per il quale al momento non risultava nemmeno presentata istanza di regolarizzazione. Sostengono al contrario i (***) facile regolarizzazione della difformità riscontrata era invece chiaramente evincibile dalla normativa edilizia che, con riferimento a tale tipo dì abusi, prevedeva la loro regolarizzazione in via amministrativa e non poneva alcun limite alla commerciabilità dei bene. Il giudice a quo non avrebbe pertanto potuto ritenere che tale difformità dava luogo ad un inadempimento dei promettenti venditori così grave da giustificare il rifiuto dell'altra parte alla stipu.lazione del contratto definitivo.
Il secondo motivo di ricorso, nel denunziare violazione e falsa applicazione degli artt. 1453, 1455 e 1460 cod. civ., lamenta che la Corte di appello, pur espressamente riconoscendo che l'abuso di cui trattasi era di modesta entità, abbia. ritenuto giustificata l'eccezione di inadempimento della controparte, omettendo qualsiasi valutazione in ordine alla gravità dell'inadempimento denunziato. I due motivi, che vanno trattati congiuntamente in virtù della loro connessione obiettiva, sono fondati. La Corte di appello di Brescia, nel valutare comparativamente il comportamento delle parti nella vicenda contrattuale per cui è causa, ha affermato che legittimamente i R.***, promissari acquirenti, si eran...
... continua