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QUESITO - 098 Se il mediatore ha l'obbligo di informare il cliente della probabile espropriazione dell'immobile che intende acquistare.
ntenze del Tribunale Amministativo
2) La responsabilità del mediatore in merito all’obbligo di informazione, esaminando l’oggetto dell’obbligo

L’ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA’(riferimento legislativo)

Procedimento ordinario di esproprio
. Si applica per tutte le opere dichiarate di pubblica utilità. Prevede che per occupare le aree private venga prima effettuato il frazionamento catastale (o il tipo mappale), l’offerta delle indennità, il pagamento delle stesse, ed emesso il decreto di esproprio. Comporta la presa in possesso delle aree interessate in circa 9 mesi dall’approvazione del progetto definitivo contenente la dichiarazione di pubblica utilità).Il decreto di esproprio può infatti essere emanato quando l’opera è prevista nello strumento urbanistico principale generale, sul bene sia stato apposto il vincolo preordinato all’esproprio ,vi sia stata la dichiarazione di pubblica utilità e quindi determinata l’indennità.

TESTO UNICO DELLE ESPROPRIAZIONI
(D.P.R 327/2001)
Art. 8 (L)
Le fasi del procedimento espropriativo


1. Il decreto di esproprio puo' essere emanato qualora:
a) l'opera da realizzare sia prevista nello strumento urbanistico generale, o in un atto di natura ed efficacia equivalente, e sul bene da espropriare sia stato apposto il vincolo preordinato all'esproprio;
b) vi sia stata la dichiarazione di pubblica utilita';
c) sia stata determinata, anche se in via provvisoria, l'indennità di esproprio.

Capo II
La fase della sottoposizione del bene al vincolo preordinato all'esproprio

Art. 9
Vincoli derivanti da piani urbanistici

1. Un bene e' sottoposto al vincolo preordinato all'esproprio quando diventa efficace l'atto di approvazione del piano urbanistico generale, ovvero una sua variante, che prevede la realizzazione di un'opera pubblica o di pubblica utilita'.

2. Il vincolo preordinato all'esproprio ha la durata di cinque anni. Entro tale termine, puo' essere emanato il provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilita' dell'opera.

3. Se non e' tempestivamente dichiarata la pubblica utilita' dell'opera, il vincolo preordinato all'esproprio decade e trova applicazione la disciplina dettata dall'articolo 9 del testo unico in materia edilizia approvato dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 24 maggio 2001.

4. Il vincolo preordinato all'esproprio, dopo la sua decadenza, puo' essere motivatamente reiterato, con la rinnovazione dei procedimenti previsti nel comma 1 e tenendo conto delle esigenze di soddisfacimento degli standard.

5. Nel corso dei cinque anni di durata del vincolo preordinato all'esproprio, il consiglio comunale puo' motivatamente disporre che siano realizzate sul bene vincolato opere pubbliche o di pubblica utilita' diverse da quelle originariamente previste nel piano urbanistico generale. In tal caso, se la Regione o l'ente da questa delegato all'approvazione del piano urbanistico generale non manifesta il proprio dissenso entro il termine di novanta giorni, decorrente dalla ricezione della delibera del consiglio comunale e della relativa completa documentazione, si intende approvata la determinazione del Consiglio comunale, che in una successiva seduta ne dispone l'efficacia.

6. Salvo quanto previsto dal comma 6, nulla e' innovato in ordine alla normativa statale o regionale sulla adozione e sulla approvazione degli strumenti urbanistici.



ESPROPRIAZIONE (riferimento giurisprudenziale)

L’espropriazione del suolo necessario per l’esecuzione di un’opera di pubblico interesse ,presuppone la disponibilità urbanistica del suolo stesso,e cioè la compatibilità del progettato insediamento con le prescrizioni degli strumenti urbanistici (in Cons. St.1988,I,778). Da ciò consegue,che il generico potere ablativo della proprietà da parte della P.A deve essere esercitato nell’ambito e nei limiti degli strumenti urbanistici, regolarmente approvati, affinchè il sacrificio cui e sottoposta la proprietà privata non sfugga alla verifica degli interessi pubblici al fine di evitare arbitrari ed illegittimi comportamenti; pertanto ,fino all’esecuzione di tale adempimento l’approvazione del progetto e la dichiarazione di pubblica utilità ed indifferibilà ed urgenza dell’opera devono ritenersi illegittime, perché non sorrette da una previsione di piano (Tar Piemonte, II Sez. 26 ottobre1990,n.404 in TAR 1990,I,4217).



LA RESPONSABILITA' DEL MEDIATORE IN MERITO ALL’OBBLIGO DI INFORMAZIONE

Regolata dagli artt. 1754 e ss., Codice civile, e dalla legge n. 39 del 3 febbraio 1989(1), la figura del mediatore riveste un ruolo di grande importanza ed attualità, soprattutto nel settore delle compravendite immobiliari, in quanto «interponendosi in maniera neutrale e imparziale tra due contraenti, ha l’onere di metterli in relazione, appianarne le divergenze e farli pervenire alla conclusione dell’affare, alla quale è subordinato il diritto al compenso»(2), occupando pertanto una «delicata» posizione che potremmo definire super partes.
Tuttavia detta attività, pur se disciplinata normativamente, presenta vari aspetti i quali potrebbero essere oggetto di molteplici interpretazioni e che, pertanto, necessitano di ulteriore trattazione; proprio a tale scopo la giurisprudenza è spesso intervenuta con pronunce chiarificatrici del dettato normativo.

L’OBBLIGO DI INFORMATIVA SECONDO LA LEGGE

In tema di responsabilità dell’esercente attività di mediazione, il primo comma dell’art. 1759, Codice civile, prevede che il mediatore «deve comunicare alle parti le circostanze a lui note, relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, che possono influire sulla conclusione di esso». Il Codice prevede pertanto, in capo all’intermediario, uno specifico obbligo di informativa, il quale dovrebbe avere ad oggetto ogni elemento, determinante ai fini della conclusione dell’affare, che appartenga alla sfera cognitiva dello stesso.
La ratio di tale disposizione risiede nel fatto che il mediatore, in quanto soggetto esterno rispetto alle parti contraenti, anziché mantenersi su un piano di imparzialità e lealtà, potrebbe - per interesse personale - offrire una falsa rappresentazione della realtà, «manipolando» le informazioni raccolte o celandone la conoscenza, al fine di giungere comunque alla conclusione di un affare che le parti, rese edotte di ogni circostanza, non avrebbero concluso o, quanto meno, avrebbero concluso a condizioni diverse(3).
Scopo principe è pertanto, in forza del principio della tutela dell’affidamento, la tutela dei contraenti, la quale permane a prescindere dall’esito che avrà l’attività di mediazione: la giurisprudenza ha infatti escluso il venir meno della responsabilità del mediatore sia nel caso in cui l’affare non giunga a conclusione(4), sia nell’ipotesi in cui l’affare sia stato concluso con la responsabilità di una delle parti - per aver taciuto l’esistenza di fatti o circostanze all’altro contraente - ed il mediatore, pur conoscendo detti fatti, «nulla disse»(5).
Si può tuttavia osservare che il testo normativo, al di là della previsione di un dovere di comunicazione delle circostanze conosciute, non specifica fino a che punto il mediatore sia tenuto ad attivarsi, alla ricerca di qualsivoglia circostanza che possa essere utile per il buon fine dell’affare né, conseguentemente, dispone alcunché in merito all’eventuale responsabilità del medesimo in difetto di siffatta attività.

L’OBBLIGO DI INFORMAT1VA SECONDO L’INTERPRETAZIONE GIURISPRUDENZIALE

Nel panorama giurisprudenziale, relativamente al dovere di comunicazione, il giudice di merito, con una pronuncia del 1991(6), ha offerto una lettura «a più ampio respiro» del dettato dell’art. 1759 Codice civile, estendendo la responsabilità del mediatore per violazione dell’obbligo di informazione «anche alle circostanze che sebbene non conosciute dal mediatore, lo stesso avrebbe dovuto conoscere o per espresso incarico del cliente o perché rientranti nel contenuto della prestazione che il mediatore si impegna usualmente a svolgere in favore del cliente».
Se è quindi facilmente individuabile il contenuto dell’obbligo di reperire determinate informazioni, nel caso in cui detto obbligo trovi la propria fonte nel contratto di mediazione(7), non poche difficoltà sorgono circa la definizione di detto obbligo quando questo rientra nella «condotta usuale del mediatore».
Se a tale scopo, infatti, può essere di qualche aiuto fare riferimento al codice deontologico degli agenti d’affari in media­zione(8), il quale tuttavia altro non è se non una forma di autoregolamentazione che, pertanto, rimane a livello di regolamento interno e non può certamente essere annoverato tra le fonti di diritto, non esiste alcun dettato normativo sul punto. Soltanto la Suprema Corte(9), con una pronuncia deI 1993, ha circoscritto l’oggetto del dovere di informazione, individuando la «tipologia» delle circostanze da comunicare alle parti e ponendo in capo al mediatore l’obbligo di comunicare «non solo le circostanze accertate, ma anche quelle di cui abbia avuto semplicemente notizia»; se ne deduce quindi che i fatti accertati, o semplicemente appresi, devono in ogni caso essere comunicati ai contraenti, mentre non viene imposto alcun obbligo di ulteriore attività di ricerca.
La problematica inerente l’eventualità di detto ulteriore obbligo ...

... continua
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